Altri cinque mesi e dieci giorni di carcere per i due giovani di Borgo San Giovanni che già avevano patteggiato in dicembre, in udienza preliminare, le prime pene per una serie di furti e incendi in paese, avvenuti all'inizio del 2009. F.M., 25 anni, che già era uscito dall’udienza gup con una pena di un anno e dieci mesi di carcere, e D.S., 24 anni, che aveva avuto due anni e dieci mesi, assistiti dall’avvocato Laura Anatrini del foro di Lodi, hanno ottenuto dal pm Elvira Borsani e dal giudice Maria Elisabetta Di Benedetto il consenso a un patteggiamento in continuazione con il precedente verdetto. Anche se al momento sono liberi, «e si stanno comportando molto bene», sottolineano fonti vicine alla difesa, non si tratta di pene sospese: quando il verdetto diventerà definitivo sarà avanzata istanza al tribunale di sorveglianza affinché conceda misure alternative, che permettano ai condannati di continuare a lavorare.
Erano accusati a vario titolo di incendio doloso, danneggiamento di edifici e furto, per una serie di raid che erano costati anche la distruzione di intere annate dell'archivio del municipio, una vicenda a proposito della quale è recentemente emerso che gli atti dal 1940 al 1946 sono da considerarsi al momento perduti in quanto non reperiti nemmeno in copia negli archivi del tribunale. L'incendio era stato causato dall’auto dell’Auser che, data alle fiamme, si era messa in moto e si era fermata contro un portone in legno del municipio, propagando il rogo. Il processo stralcio riguardava invece la sola ipotesi di incendio doloso ai locali del Gruppo sportivo dell’oratorio.
Di alcuni degli episodi erano ritenuti responsabili anche due minorenni di Borgo, che avrebbero agito assieme ai ventenni e che sono stati giudicati separatamente dal Tribunale per i minori di Milano.
Né il comune di Borgo né la parrocchia, che pure aveva subito dei furti, si sono costituiti parte civile: il conto dei danni sarebbe stato pesante, ma dal municipio hanno battuto la strada dell’assicurazione contro eventi vandalici. I due finiti a processo hanno però sempre respinto l’accusa di essere autori delle scritte “Borgo in fiamme” comparse in paese all'epoca dei fatti, e le indagini avevano escluso moventi politici.
Carlo Catena
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