Casaletto: «L’oste sparò intenzionalmente al ladro»

Depositate le motivazioni dell’assoluzione, che in appello è arrivata solo grazie alla riforma della “legittima difesa” attuata dopo l’episodio. Trasmessi atti al pm per valutare le dichiarazioni di moglie e figlio

Mario Cattaneo sparò una sola volta la notte tra il 9 e il 10 marzo del 2017 quando una banda di quattro uomini mascherati stava svaligiando la sua “Osteria dei Amìs” a Gugnano di Casaletto Lodigiano, ma quando partì il colpo il ristoratore, oggi 73enne, non era già caduto a terra ma si trovava in piedi, quindi era in grado di prendere la mira. Queste le conclusioni cui è giunta la corte d’appello di Milano dopo il lungo processo di secondo grado che a metà aprile aveva visto assolvere per la seconda volta l’oste dall’accusa di omicidio colposo per eccesso di legittima difesa. Ma “perché il fatto non costituisce reato” e non più, come invece era stato deciso a inizio 2020 dal tribunale di Lodi, “perché il fatto non sussiste”.

La notizia del romeno di 32 anni trovato morto davanti al cimitero, con una fucilata nella schiena, dopo il furto di tabacchi e di spiccioli, e della vittima del furto messa subito sotto indagine per omicidio aveva mobilitato l’allora governo di centrodestra, e poco dopo furono ampliati i confini della “legittima difesa putativa”, inserendo anche l’esimente dello stato di grave turbamento. Proprio lo stato d’animo in cui secondo la corte presieduta dal giudice Francesca Vitale, presidente della quinta sezione d’appello penale milanese, in quegli istanti si trovava Cattaneo. Svegliato di soprassalto dall’allarme che suonava alle tre di notte, con la moglie, il figliol ,a nuora e i nipotini che dormivano nell’appartamento di fianco, con il rischio che non si poteva escludere che la banda salisse anche nelle case, l’oste aveva imbracciato uno dei suoi fucili da caccia, carico, e impugnato senza sicura, e aveva sceso le scale dall’abitazione al primo piano fino al cortile, aveva aperto a calci e spintoni la porta che i ladri avevano barricato dall’esterno e si era ritrovato faccia a faccia con loro, nel buio, ed era partito il colpo. Secondo i difensori e il processo di primo grado perché uno dei complici della vittima aveva afferrato con violenza la canna dell’arma, facendo cadere a terra Cattaneo e provocando lo scatto del grilletto. Ma la nuova perizia balistica disposta nel processo di secondo grado ha invece ribaltato le conclusioni dei consulenti del primi processo, ricalcolando la traiettoria dello sparo e arrivando a non escludere che il colpo potesse essere stato sparato a altezza d’uomo, e non fosse partito “alla cieca” dal basso verso l’alto, finendo per colpire Petre Marin Ungureanu a circa 5 metri di distanza mentre fuggiva. La corte d’appello ha ritenuto che le testimonianze in aula sotto giuramento della moglie e del figlio dell’oste, che invece hanno sempre avallato la tesi dello sparo involontario, debbano a questo punto essere indagate dalla Procura di Milano per stabilire se abbiano mentito, e consapevolmente. Le motivazioni sono state depositate nelle scorse ore, nelle prime ore dopo la seconda assoluzione i difensori dell’oste avevano escluso l’intenzione di ricorrere in Cassazione.

I presunti complici della vittima risultano destinatari da anni di un mandato di arresto europeo per rapina in concorso, spiccato dalla Procura di Lodi, ma sono tuttora irreperibili. Resta da capire però in quali circostanze Cattaneo si fosse procurato il vistoso ematoma al braccio destro per il quale, assieme ad altre contusioni, era stato curato in ospedale subito dopo l’arrivo dei carabinieri. Se non è stato il rinculo inatteso del fucile impugnato in maniera non corretta, a questo punto è tutto “merito” dell’aggressione subita da uno dei complici della vittima.

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