Cronaca / Centro Lodigiano
Giovedì 25 Marzo 2021
Casaletto, studiare e lavorare a duemila metri
La prima esperienza da rifugista di Simone Polenghi
Per scendere ai luoghi dei rifornimenti, preparare i sacchi da attaccare poi all’elicottero, la partenza era fissata alle 5. Unico mezzo per arrivare a valle, le gambe impegnate in un’ora e mezza di cammino in discesa, mentre a salire, da cartelli, ce ne vogliono tre e mezzo, ma «con l’abitudine il tempo necessario cala». E in certi momenti, quando internet non era garantito, come può accadere a 2500 metri di altezza, dove sta il Rifugio Ospizio Sottile di Alagna Valsesia, il più alto d’Europa, era anche difficile tenersi aggiornati sulle evoluzioni costanti delle normative. Buona la prima, nonostante il Covid-19, per il lodigiano Simone Polenghi, di Casaletto Lodigiano, alla gestione dell’antico rifugio fondato nell’Ottocento come luogo di accoglienza dei migranti. Polenghi si è aggiudicato il bando per la gestione del rifugio - sala da pranzo da 40 coperti, 23 posti letto - alla fine dello scorso febbraio, proprio quando l’Occidente scopriva, nel Lodigiano, l’emergenza Coronavirus. E l’esordio dello studente di chimica industriale come gestore dell’oasi incantata a cavallo tra la Valsesia (Piemonte) e la Valle di Gressoney (Val d’Aosta) è stato segnato dalle difficoltà per portare avanti i piccoli lavori per far partire la struttura, che è poi è rimasta aperta da metà giugno a metà settembre. «Sicuramente ci sono stati più imprevisti rispetto a quanti ce ne saremmo aspettati, dovuti alla quota, al posto che va conosciuto, ma va detto che le difficoltà nei rifugi ci sono sempre - racconta il lodigiano - : in agosto soprattutto sono passate tante persone, tante che non venivano in montagna da tempo e sono tornate in questa stagione segnata del Covid. Perché sicuramente a contatto con la natura il distanziamento veniva più facile». Tra le difficoltà maggiori dell’anno di esordio, segnato dalle limitazione negli spostamenti, c’è stato quella di costruire una rete di fornitori senza poter pernottare in zona, per la chiusura di tutte le strutture in primavera. «È stata una esperienza importante e divertente: mi ha messo alla prova e mi ha portato a una crescita personale grande, anche in termini di responsabilità, per esempio sul fare un bilancio, acquisti e scelte di mercato. È stato bellissimo interfacciarsi con persone provenienti da tutti gli ambienti e da tutta Italia, di età e esperienze differenti». La cosa più difficile «è stata far capire ai tanti magari non più avvezzi alla montagna e alle sue regole, che scegliere la natura ha dei vantaggi certo, anche per il distanziamento, ma che bisogna rispettarla».
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