«Attente ragazze, perché dietro al bicchiere, spesso, si nasconde un “branco” subdolo e spietato». A lanciare l’allarme è la polizia di Lodi, chiamata a fare luce sulla bruttissima vicenda denunciata nei giorni scorsi dai genitori di una 16enne santangiolina: la violenza sessuale perpetrata alla loro figlia, sabato notte all’Encanto di San Colombano, da un 23enne di Pavia, che secondo quanto raccontato dalla vittima avrebbe abusato di lei nel giardino della discoteca, poco dopo aver bevuto qualcosa assieme. E quel “qualcosa”, secondo la squadra mobile, potrebbe nascondere una trappola purtroppo sempre più di moda nei locali della provincia: l’aggiunta di uno stupefacente, come cocaina o altri additivi, capaci di stordire e rendere inerme in breve tempo l’ignara consumatrice. Droghe da stupro, insomma: che in un mix di inganno, sesso e violenza, starebbero mietendo sempre più vittime. «Di denunce negli ultimi tempi ne abbiamo avute un paio, ma la dimensione esatta del fenomeno non ce l’abbiamo - spiegano gli inquirenti -. C’è però un “numero oscuro”, perché a fronte di quanto viene ufficialmente denunciato ci sono diversi altri episodi che vengono solamente raccontati». Non solo voglia di giustizia, insomma, ma anche pudore e paura: quanto sufficiente a ritenere che la vicenda di sabato non sia un caso isolato, quanto la punta di un iceberg ben più esteso. E di conferme, le forze dell’ordine, ne stanno trovando diverse. Partendo dagli episodi segnalati, infatti, le indagini e le intercettazioni telefoniche hanno portato a scoprire come di potenziali “bestie”, in giro per i locali notturni del Lodigiano, ce ne sia più d’una. Magari slegata, l’una dall’altra, rispetto al tradizionale concetto di “branco”: ma accomunate da tattiche comuni, a partire dallo scambio di suggerimenti su come annullare volontà e lucidità delle loro vittime. Esempi? «Mettere della cocaina nei cocktail, affinché la ragazza, dopo averlo bevuto, non capisca più nulla», spiega un segugio della questura. Che è poi lo stratagemma che potrebbe essere utilizzato per approfittare della 16enne studentessa barasina, peraltro visitata alla clinica Mangiagalli di Milano a pochissima distanza dalla violenza poi denunciata. Violenza che, al momento, resta presunta, mentre attorno alle indagini, che hanno comunque portato a indagare ufficialmente il 23enne pavese, è calato uno stretto riserbo. In generale, però, il fenomeno esiste, pericolosissimo. E dietro a camice sgargianti, falsi sorrisi e il semplice invito a “bere qualcosa assieme” nasconderebbe più di un animale. «Evidentemente, esiste una “strategia”», chiosa un inquirente citando scampoli di dialoghi carpiti nei quali qualche sospetto spiega “come si fa”. Attente, ragazze: e niente caramelle, né bevande, dagli sconosciuti.
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