Ecco chi era Tino Porchera

Nel giungere a Corte Palasio passando attraverso la campagna, sempre un’immagine assale imperiosa: pensieri leggeri, una pace che viene dalla natura.

La Mista è in piazza, Tino Porchera, il titolare dell’esercizio, mostra di saperci fare con la gente, è disponibile, pronto a raccontare. Non vuole tuttavia indugiare su un furto subito dal locale un mese fa. Dice che la ruberia (altre due incursioni ladresche sono avvenute anni fa) fa parte... del lavoro, che fino a qualche anno fa si era più tranquilli ma ora la situazione è cambiata.

Via, prima degli anni Trenta il locale si chiamava Trattoria Centrale, il gestore era un certo Maglio Doliddo proveniente da Trani; a seguire fu suo figlio (che aveva sposato una Gerlanzani) a tenere l’esercizio. Chiusura durante la guerra, si riprende nel 1946 con i Cremonesi, poi sino al 1966 con Mazzucco e Bongiorni. Ancora, in successione, Liberti e Carrera dal’66 al ’78 ed arriviamo a Olga Bosoni (78-82). Nomi di famiglie e date che Porchera ha elencato, giusto ricordare il passato per dare lustro alla tradizione. La quale da una trentina d’anni continua con lui, affiancato dalla moglie Cosetta Allevi che prima faceva l’infermiera a Santa Chiara (“Mi piaceva il mio impegno - dice). La loro figlia Alessandra studia giurisprudenza e vuole diventare una criminologa, i fornelli non la attraggono.

Tino “passa” attraverso diverse esperienze prima di assumere le vesti di ristoratore. Va studiare alle Magistrali ma lascia subito,..lo folgora la vocazione, è nel Seminario dei Comboniani a Brescia. Vi rimarrà quattro anni, prima di tornare a casa, a Prada, frazione di Corte. “Mi ero accorto delle contraddizioni che esistevano nella Chiesa. Io guardavo ad una società che fosse ispirata ad una giustizia sociale. Non mi pareva che fosse così...”. Aggiunge inoltre che il latino non era una materia che gli piaceva.

Stop ad un discorso sugli squilibri esistenti nel vivere delle umane genti che risulterebbe di ben ampie proporzioni.

Siamo nel 1975, in famiglia sono in cinque fratelli, ognuno deve darsi da fare, lui lavora quale meccanico e saldatore. Poi viene assunto alla Polenghi, dove già si trovava suo padre. Infine la svolta, via a fare il ristoratore. Una sequenza di “mestieri” che mi incita, per dare risalto alla voglia di lavorare che ci vede simili, ad accennare ai vicoli d’impegno personali.

“La Mista? Ho dato questa denominazione riferendomi ad una bevanda tipica in campagna, vino e spuma. Nel corso degli anni gli ambienti sono stati ristrutturati. Inizialmente servivamo panini e qualche “spaghettata”, poi siamo passati ad una “cucina” completa”.

Non ci si ferma ai cibi, i trattenimenti musicali hanno ampio spazio a La Mista. Strumenti a disposizione di coloro che vogliono esibirsi, chitarre, pianoforti, batterie ed altro, si suona fra amici in una sorta di rezzo che privilegia l’amicizia. Dopo i primi approcci, l’iniziativa si è consolidata dando vita ad una manifestazione giunta alla undicesima edizione. E’ intitolata Polenta & Jazz e si svolge, con appuntamenti serali da ottobre a dicembre. Questa’anno sono previsti una dozzina di ritrovi. La cena vede imperare la polenta, con l’intento di nobilitare l’antico cibo dei poveri. Le pietanze variano di sera in sera, si può gustare stracotto di manzo, ossobuco, bocconcini di cinghiale, stinco di maiale, stracotto d’asino, chiodini e salsiccia, merluzzo, costine e verze, cotechino, lepre in salmì, cervo in umido. Coloro che desiderano cibarsi, pagano la cena, ma l’accesso è consentito anche a chi vuole assistere. Jazz e blues, pezzi dei Beatles, si suona quella musica fascinosa che ha radici profonde nella vita dell’uomo.

Prendo nota di complessi, cantanti, cabarettisti, più o meno noti, che qui si sono esibiti: Paolo Conte, Ettore Righello, Paolo Tomelleri, Beppe Baldi, La Gerundia, Danilo Amerio, Paolo Panigada, Franco Rossi, Renato Cipolla, Piero Bassini, Gigi Cifarelli... Chiaro che l’elenco è ben lungi dall’essere completo, qui saranno venuti, in diverse occasioni, che so, più di un centinaio di virtuosi esecutori. Sulle pareti, alcune foto testimoniano la loro frequentazione.

Il “mangiare”, un’incombenza alla quale non ci si può sottrarre. Che cosa si serve?

“Roba fatta in casa, pasta, tortelli, ravioli. In genere approntiamo quattro primi e quattro secondi. La nostra è una cucina locale, legata alle stagioni. Nel tempo si è verificato un certo cambiamento di gusti, fra l’altro, è aumentato il numero dei vegetariani. La nouvelle cusine? Secondo me si tratta un grosso equivoco, si vuole presentare un “nuovo” che ha scarsa consistenza. Noto comunque che c’è un ritorno alla tradizione”.

Qualche specialità.

“Una tagliata di carne piemontese servita su una tegola, poi conigli disossati, manzi e brasati. Ho cura anche di un’enoteca con bottiglie di pregio”.

I clienti vengono da ogni dove, molti sono habitué. Feste per compleanni, battesimi, ricorrenze varie, il locale le ospita abitualmente, ci sono i “coperti” a far fronte alle esigenze. Figli di vecchi clienti seguono le orme delle famiglie.

I prezzi?

“Si spende dai 30 ai 40 euro per un menù medio. Ovviamente se si prende un vino pregiato il costo aumenta”.

Mai una rissa, informa Tino, la gente si comporta sempre bene. Un episodio, accaduto qualche anno fa, lasciò nello sgomento i presenti. Una ragazzo ventenne di S. Angelo che suonava la batteria, spirò improvvisamente a causa di un aneurisma.

I tempi che cambiano.

“Il desiderio di stare insieme ha subito un duro colpo negli ultimi anni. Avevamo dei tavoloni attorno ai quali trovano posto compagnie numerose, poi abbiamo dovuto ricorrere a tavoli di dimensioni limitate... La gente si è “chiusa”, il progresso (!) induce ad allontanarsi da certi valori. Si va su Face book per comunicare...”.

Tino è un appassionato della montagna, sci ed escursioni. Ci va...quando il lavoro glielo permette. “Il mio desiderio? Continuare, sperando di superare le difficoltà che si incontrano”.

Interviene Cosetta ridendo: “Io vorrei una casa al mare ed una in montagna. Ma so che non le avrò mai!”.

Il ristoratore: “Corte è rimasta tale e quale nello scorrere del tempo, non c’è stato qui alcun sviluppo edilizio abitativo come è successo in altri paesi. E’diminuito il numero delle osterie-trattorie, mezzo secolo fa, comprendendo Cadilana, ce n’erano nove, ora sono cinque”.

Si ode lontano il canto delle cicale, scorrono le ore, viene la sera che porta con sé le sue promesse.

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