Cronaca / Centro Lodigiano
Venerdì 12 Agosto 2011
I profughi tra i fantasmi del Pime?
Sopralluogo del sindaco Crespi con l’inviato del prefetto
Nell’età dell’oro, nel parco da oltre 22 mila metri quadrati, c’era anche un lago. Lo si poteva percorrere con una piccola barca a remi per approdare all’isolotto, al centro dello specchio d’acqua. Tutt’intorno, un sentiero che insegue i disegni del bosco. Nei meandri, ci sono ogni genere di piante, molte centenarie. Il nome, scrostato dal sole e dall’usura, lo si legge ancora. È appena sotto il tetto della facciata frontale. Villa Redentore, pontificio istituto missioni estere; così da molti anni viene identificato il mastodontico immobile di proprietà del comune di Sant’Angelo a Vigarolo, frazione di Borghetto Lodigiano. Proprio qui, ieri, si sono incontrati il sindaco di Sant’Angelo, Domenico Crespi, l’assessore ai lavori pubblici, Giovanni Sgualdi e un funzionario della Prefettura. L’obiettivo era verificare la fattibilità di trasformare l’ex sede del Pime in un centro di accoglienza per migranti e richiedenti asilo, emersa al tavolo provinciale sull’emergenza profughi.
Noto come Palazzo Ghisalberti, il “gioiello” è entrato nel patrimonio di Palazzo Delmati nel 1979 per 450 milioni di vecchie lire. Il complesso principale, circa 1500 metri quadrati su tre piani, risale alle fine dell’Ottocento e si è arricchito nel corso del tempo della casa del custode e dei rustici, che secondo la relazione dell’Agenzia delle Entrate del 2008, potrebbero essere anche demoliti e ricostruiti. Tutelato invece il fabbricato d’epoca così come il parco, che oggi cresce incolto e senza misura e in cui la vegetazione ha preso il posto dell’acqua del lago, fermata dal sistema di chiuse di cui è dotata la roggia che scorre nel parco.
Grazie ad un accordo con i Panificatori di Milano, per lungo tempo è stata sede di una scuola d’arte bianca. Divisa tra il piano terra e il primo piano, della scuola rimangono aule, forni, laboratori. Anche alcune delle attrezzature sono ancora lì, al piano terra. Camminando negli spazi ampi e vuoti, si incontrano le tracce della vita che è passata di qui. Nell’edificio principale, ci sono due forni al piano terra e non mancano banchi e sedie che ricordano lo sbuffo della farina e l’impastare del pane. I mastri panettieri hanno fatto casa a Villa Redentore fino all’inizio degli anni Novanta. Poi il trasferimento a Villa Igea, alle porte del capoluogo. Molti santangiolini, però, si ricordano bene il parco, le passeggiate e le piante secolari. Erano in tanti a venire qui per la colonia elioterapica estiva, rigenerandosi con le camminate nella natura e i pranzi in compagnia nella grande corte al centro dell’edificio. Per la colonia estiva, il comune di Sant’Angelo spendeva 40 milioni di lire all’anno, tra il mantenimento delle condizioni dell’immobile, la gestione, i trasporti. Così anche la colonia è sparita. Oggi, l’unico ad entrare a Villa Redentore con continuità, è Renzo Barbani, il custode. Abita nel complesso dell’ex istituto del Pime, in un edificio destinato proprio alla portineria, 200 metri quadrati poco oltre il cancello di ingresso secondario. Ci vive con la moglie e la figlia, vigile controllore in una landa che sembra sconfinata, con i suoi 22 mila metri quadrati di parco. Spesso è costretto ad armarsi di un bastone e scendere nel parco nel cuore della notte perché qualcuno ci è entrato illegalmente. Raid che lasciano tracce visibili. Grondaie tranciate sulla facciata principaale, bottiglie di vino semi vuote, rifiuti. E anche qualche ragazzino che entra nel parco senza autorizzazione con fucili a vernice, impegnati nel softair, una finzione di guerra. Oltre la casa del custode, c’è l’ingresso del palazzo principale: tre piani fuori terra da 450 metri quadrati l’uno. Al piano terra, c’è anche la vecchia cucina e l’enorme refettorio, dove non è difficile trovare piatti e bicchieri, utilizzati in più decenni. Al piano superiore, ci sono ancora una distesa di stanze, ognuna dotata del proprio lavabo, che facevano da celle per i sacerdoti del pontificio istituto missioni estere. E che potrebbero essere destinate ad altro utilizzo.
Il sindaco di Sant’Angelo Domenico Crespi ha proposto di trasformare la mastodontica ma fatiscente struttura di Vigarolo (in territorio di Borghetto, ma di proprietà del comune barasino) in un centro provinciale per l’accoglienza dei profughi. Giovedì ha accompagnato l’inviato della prefettura a visitare la struttura
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