Una delle ultime volte in cui è stato visto in pubblico a Sant’Angelo è stato il 4 maggio 2011, in occasione del funerale di una zia, ospitata nella locale casa di riposo. Ma a quel tempo nessuno sospettava che l’uomo d’affari Pierangelo Daccò, di lì a pochi mesi, finisse al centro dello scandalo che ha coinvolto prima l’ospedale San Raffaele di Milano, poi la Fondazione Maugeri di Pavia, arrivando a “sfiorare” il governatore Roberto Formigoni, che non ha mai nascosto l’amicizia con il “lobbista” barasino ma al tempo stesso ha sempre negato l’esistenza di condotte dubbie.
Nato a Sant’Angelo il 20 aprile 1956, Daccò è iscritto all’Aire, l’Associazione italiana residenti all’estero. Tra il 1997 e il 2010 si contano tre cambi di residenza. Dal 1997 al 2006 Daccò risulta residente a Londra. Nel 2006 il cambio di residenza, ma sempre nella capitale inglese. Infine dal settembre 2010 le “tracce” di Daccò si spostano e così lo si ritrova residente a Lugano, in Svizzera, a poche ore di auto dall’Italia.
Un personaggio poliedrico Pierangelo Daccò. A Sant’Angelo c’è chi lo ricorda come “un gran signore, uno con il fiuto per gli affari, vestito sempre in maniera impeccabile”. Uno che ha fatto carriera dentro e fuori il mondo dell’imprenditoria. Non a caso, tra gli incarichi del 56enne barasino, figura quello di consigliere di amministrazione dell’Inter, tra il 1989 e il 1994, ai tempi della presidenza di Ernesto Pellegrini, l’uomo dei ticket restaurant e dei servizi di ristorazione.
Chi a Sant’Angelo dipinge Daccò come grande tifoso interista, assicura anche la profonda stima nei confronti dell’avvocato Peppino Prisco, storico vicepresidente nerazzurro, personaggio dalla simpatia dirompente, legale del foro di Milano e alpino fin nel midollo. E proprio nella sua città natale, all’ombra del castello Bolognini, c’è chi dice di conservare ancora un numero del giornale ufficiale dell’Inter degli anni Novanta, nel quale campeggiava la fotografia di Daccò. Una foto che oggi pare essere tornata d’attualità, ma non per ragioni calcistiche.
Che il fiuto per gli affari a Daccò non mancasse è testimoniato dalla sua lunga carriera, di cui, a dire il vero, dopo una prima fase a Sant’Angelo si sono perse le tracce, salvo ritrovarne alcuni sprazzi sulle pagine dei giornali in questi mesi, collegate all’inchiesta dei pm milanesi. L’azienda tessile al Fatebenefratelli di San Colombano è stata forse il punto di partenza, ma a testimonianza della varietà degli interessi del 56enne c’è l’impegno, a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, per il rilancio di due bar del centro storico barasino, il bar Gatti e l’Happy Days, uno di fronte all’altro in piazza Libertà.
Inchieste a parte, molti santangiolini conservano un ricordo positivo di Daccò. E anche in questi giorni, nel pieno della bufera giudiziaria, è difficile trovare qualcuno pronto a esporsi. Ma la curiosità non manca e ieri tra via Umberto primo e piazza Libertà la notizia dei sequestri degli appartamenti santangiolini riconducibili al 56enne teneva banco nei bar e agli angoli delle strade.
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