Situazione critica alla Pregis di Ossago, dove si producono materiali per imballaggio: per i sindacati c’è il rischio della chiusura, ma la nuova dirigenza si è insediata a gennaio con l’obiettivo di risanare la fabbrica e conta di mantenere aperto il sito produttivo «anche se qualche ragionevole sacrificio si dovrà sopportare». I posti di lavoro in bilico sono 80 nella fabbrica più il personale della cooperativa che lavora nel magazzino, altre 15-20 unità.
Attualmente, nello stabilimento è attiva la cassa integrazione in deroga per 24 persone, provvedimento che è seguito a un anno intero di cassa integrazione straordinaria a rotazione. Ora è stata aperta anche una procedura di mobilità volontaria per nove unità.
Lo stabilimento proviene da due anni di perdite in bilancio, 4,3 milioni di euro nel 2009, 4 milioni nel 2010, con una riduzione dei margini dal 45 al 38 per cento e volumi da 76 milioni di metri quadrati di produzione nel 2009 a 63 milioni nel 2010. Proprio per questi motivi, a gennaio la proprietà dello stabilimento, il fondo d’investimento americano Aea, ha operato un cambio radicale del management locale richiamando dirigenti esperti del settore.
«Il mandato assunto dalla nuova dirigenza è stato quello di risanare e rilanciare la fabbrica e questo è l’obiettivo per cui anche la proprietà si è spesa immettendo liquidità nel solo 2010 per 6,5 milioni di euro - spiegano dalla direzione di Ossago -. I risultati di gennaio indicano un significativo contenimento delle perdite, che contiamo di volgere in attivo nel minor tempo possibile. Il nostro obiettivo è sicuramente quello di mantenere aperto il sito produttivo, anche a costo di qualche necessario sacrificio».
La strada è tracciata, e contempla anche la possibilità di lasciare per strada qualche lavoratore, ma l’azienda non ha certo intenzione di scaricare il sito produttivo. «Il mercato è in difficoltà perché dipende dalla produzione di altri settori a loro volta in crisi - continuano dalla direzione -. Il percorso individuato è quello di concentrarci sul core business, lasciando i prodotti con margine negativo e ridimensionando significativamente un reparto in perdita. In termini occupazionali, credo che potremo avere dai 10 ai 15 esuberi».
Il reparto in crisi è quello delle trasformazioni, dove sono impiegati 17 dipendenti, che sembra il segmento d’attività maggiormente in crisi. Il timore dei sindacati, però, è che le misure messe in campo finora non siano sufficienti al rilancio del sito. «È vero che a gennaio si sono contenute le perdite, ma lo si è fatto con una significativa riduzione del costo del lavoro, visto i 24 operai in cassa integrazione - spiega Francesco Cisarri della Filcem Cgil -. Al momento, nonostante l’impegno del management, sembra difficile vedere una ripresa, e noi temiamo che gli esuberi siano molti di più, ammesso che non sia lo stesso sito produttivo a essere messo in discussione».
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