Riaprire subito il dibattito sulla futura provincia di appartenenza di San Colombano, consultando con commissioni e assemblee la popolazione e preparandosi, se necessario, a un nuovo referendum: è l’appello lanciato dal consigliere di minoranza Mauro Steffenini, che del tema del riassetto delle province si occupa fin dal 1992, quando pubblicò la sua tesi di laurea sul riordino degli enti locali e sull’istituzione della nuova provincia di Lodi.
Secondo la riforma delle province previste dal governo, Lodi è destinata a sparire e l’accorpamento con un territorio vicino sembra inevitabile, ma il destino di San Colombano è ancora tutto da scrivere. Nel gennaio 1992, alla vigilia della costituzione della provincia di Lodi, i banini andarono a votare un referendum in cui il 78 per cento dei cittadini aveva detto no alla nascitura provincia. A distanza di 20 anni, quel no ora pesa come un macigno sul futuro di San Colombano. Mentre Lodi esprimerà con le sue istituzioni la volontà di aderire a un progetto di aggregazione o a un altro, San Colombano non potrà contare sulla guida di nessuno, ma dovrà decidere da sé: impossibile restare con l’area metropolitana di Milano per ragioni territoriali e amministrative, la scelta sembra essere ristretta a Pavia, la cui provincia sarà confermata, o a Lodi, nel senso di aderire al progetto di aggregazione che uscirà dal Lodigiano. Altre ipotesi come Piacenza sembrano più lontane e al momento decisamente meno percorribili.
«Ma non c’è dubbio che di fronte a una simile eventualità sia da preferire Lodi - dice Mauro Steffenini -. Se mi si chiede se mi sento lodigiano o pavese, non ci sono dubbi, e la risposta è sempre Lodigiano. Ma la questione ora non è nemmeno questa. È piuttosto quella di prendersi la responsabilità di una decisione senza attendere che dall’alto qualcuno decida al posto nostro. E soprattutto è la modalità con cui arrivare alla decisione».
Finora in paese il dibattito sulla nuova provincia non è decollato. «Ma è necessario invece che si cominci a discuterne il prima possibile - spiega Steffenini -. La decisione deve essere presa entro il 31 dicembre, e per questo da settembre bisognerà parlarne. Una scelta del genere non può essere confinata a una discussione di una settimana dentro la maggioranza, non la può fare il sindaco da solo né la giunta, e forse nemmeno il consiglio comunale. Io non escludo che si debba tornare a un referendum consultivo».
Intanto, subito a settembre, in veste di consigliere comunale, chiederà l’istituzione di una commissione consultiva apposita dove poter cominciare a sviscerare questi temi, sia dal punto di vista sostanziale sia dal punto di vista formale.
«In questo caso non c’è maggioranza o minoranza, bisogna discuterne e da subito - continua Steffenini -. In caso contrario il rischio è che altri decidano per noi, a tavolino».
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