Cronaca / Centro Lodigiano
Domenica 25 Aprile 2021
SANT’ANGELO Nelle lettere ritrovate la storia della prigionia di Basilio Ferrari
La nipote Gaia, studentessa del Maffeo Vegio, ha raccolto la corrispondenza in un libro
Di nonno Basilio sapeva poco o nulla prima. Sapeva che era nato nel 1917 e non aveva mai potuto incontrarlo. «Fino a che non mi sono capitate per le mani quelle lettere, che pensavo fossero lettere d’amore per la nonna. Dentro ci ho trovato la vita da internato, le sofferenze, le privazioni, i legami a distanza con la famiglia. Insomma, un patrimonio non solo affettivo, ma con un importante valore storico». E allora Gaia Ferrari, studentessa della quinta D del Maffeo Vegio, di Sant’Angelo, si è messa sulle tracce di nonno Mario Basilio Ferrari, soldato semplice che ha vissuto il dramma dell’internamento in Germania per due anni dopo l’8 settembre. E nel contesto dei progetto Pcto (l’ex alternanza scuola lavoro) è nato un lavoro - “Quello che eravamo. Mario Basilio Ferrari, un internato miliare italiano” - ricco di documenti storici, immagini, pezzi di vita, valorizzando i ricordi gelosamente custoditi in famiglia e oggi diventati patrimonio collettivo, con il supporto dell’Ilsreco - Istituto lodigiano per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea - , e in particolare di Ercole Ongaro e Laura Coci, oltre che della docente del Maffeo Vegio Beatrice Maisano. Un lavoro che sarà reso pubblico da Ilsreco - sul sito Internet nella sezione dedicata a didattica e materiali - tra le iniziative per la ricorrenza del 25 aprile. Soldato di fanteria, Ferrari fu catturato dalla Wermacht il 9 settembre 1943 e deportato nel campo di Furstenwalde/Spree, nel Brandeburgo, al confine con la Polonia, come internato militare prima e lavoratore coatto poi. Il ritorno nel Lodigiano risale al 13 settembre 1945, dopo due anni di prigionia; sei anni e mezzo dopo la chiamata alle armi. «Un lavoro accurato e approfondito che racconta le vicende di uno dei protagonisti di quella che viene definita l’altra Resistenza - spiega Laura Coci di Ilsreco - , quella portata avanti dai tanti militari italiani catturati dopo l’8 settembre che rifiutarono di combattere per la Repubblica di Salò e che furono inviati nei campi di internamento». Una storia che Gaia ha raccontato tramite i reperti trovati nei cassetti di casa, tra documenti, cartoline postali inviate dal campo, spesso scritte con mozziconi di lapis e a volte anche usando uno pseudonimo da Basilio. Una ricerca che ha appassionato la giovane e le ha permesso di fare luce sulla storia della sua famiglia. «Mi piacerebbe continuare a fare ricerca, ma nel campo scientifico, quello della chimica farmaceutica - spiega lei - . In una biblioteca come in laboratorio serve lo stesso metodo di indagine, per entrare in un contatto con materiali che devono essere compresi e sviluppati».
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