Il corpo forestale dello Stato recupera delle ossa di pachiderma preistorico custodite dentro una grossa cassetta in un capannone alla Palazzina, ma è mistero sulla provenienza del reperto. Il fatto è accaduto oltre un mese e mezzo fa, ma ne è stata data notizia solo in questi giorni.
Alla fine di agosto a dare il via ala vicenda è stata la telefonata al comando provinciale di Lodi del corpo forestale dello Stato da parte di una persona che si è qualificata solamente come un cittadino di Graffignana: «Ci sono delle macerie edili alla Palazzina, andate a vedere. E intanto che ci siete guardate dentro il capannone: c’è una grossa scatola e dentro c’è qualcosa di interessante per voi».
La Forestale di Lodi ha quindi eseguito un controllo in collina a San Colombano rinvenendo effettivamente piccoli quantitativi di macerie che, su proprietà privata, dovevano essere rimossi dall’azienda Neuroni Agrari. Gli agenti hanno quindi individuato il capannone citato nella telefonata e hanno trovato la grossa scatola. Verificata la posizione, però, è stato stabilito che per una decina di metri si trovava in territorio di Miradolo Terme e quindi hanno attivato i colleghi del comando di Pavia, competenti per area. All’arrivo della Forestale di Pavia, gli agenti hanno rinvenuto un grosso osso di animale, di circa 80 centimetri di lunghezza, e altri due pezzi di osso più piccoli.
I reperti non sono stati sequestrati ma sono stati consegnati spontaneamente dal dipendente dell’azienda che aveva in custodia il capannone. La cassa, a quanto si è appreso, era nel deposito, chiusa, da almeno 10 o 15 anni o forse più, e nessuno ne conosceva il contenuto. La società Neuroni Agrari, che controlla la Poderi di San Pietro e lo Sporting Palazzina dove è avvenuto il ritrovamento, ha fornito piena collaborazione alla Forestale.
«Abbiamo trovato queste ossa che erano custodite dentro un cassone da diversi anni a quanto ci hanno raccontato - spiega l’ispettore Virgilio Graneroli della Forestale di Pavia -. Al momento però è stato impossibile determinare da dove provengano, se da uno scavo magari in collina o piuttosto da un acquisto avvenuto altrove. Di certo erano state riposte e poi custodite con una certa attenzione, a parte il fatto che poi sono state in pratica abbandonate. Lavoreremo nelle prossime settimane per cercare di stabilire la provenienza».
I reperti sono stati portati e ora sono a Pavia. Sono già stati esaminati dal paleontologo Giuseppe Santi del Dipartimento di scienze della terra e dell’ambiente dell’Università di Pavia, che ne ha effettuato un primo sommario esame confermando l’impressione degli agenti di trovarsi di fronte a ossa di un pachiderma preistorico, un mammuth o un elefante africano con ogni probabilità risalenti al Pleistocene. Se le ipotesi saranno confermate, il reperto sarà tutelato come bene paleontologico e messo a disposizione della Soprintendenza per i beni archeologici che infine ne disporrà l’eventuale luogo di custodia.
Non è la prima volta che reperti preistorici vengono alla luce a San Colombano, sede per altro del museo paleontologico Virginio Caccia.
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