Dalla spiritualità del Carmelo un cristianesimo “innamorato”
La Messa con il vescovo al convento San Giuseppe di Lodi
Due giorni fa, la celebrazione della Messa alla chiesa del Carmine, ieri mattina nel monastero carmelitano di san Giusepoe, in viale Milano: il Carmelo è un segno dell’unione tra la dimensione contemplativa delle sorelle carmelitane e la città di Lodi. Un’unione che si concretizza nella preghiera, nella vicinanza silenziosa, nell’affetto sincero che anche il vescovo ha rinnovato con la celebrazione eucaristica che ha aperto, ieri, la solennità di Nostra Signora del Monte Carmelo.
La sequela di Maria è il cuore della devozione carmelitana, consapevole che «Lei ci conduce all’ascolto di ciò che dice lo Spirito alle Chiese per discernere i segni dei tempi». «Per seguire bisogna ascoltare e camminare fino alla croce, fino alla pienezza del tempo, compiuta dal Figlio di Dio, nato da donna - ha detto il vescovo durante l’omelia -. Là ancora ascoltare nello Spirito riversato nei nostri cuori, che ci fa intendere la portata terrena e celeste del dialogo del Crocifisso con la Madre, dialogo generativo di veri figli e discepoli, che prendono con sé Maria nella propria casa». La casa in cui accogliere Maria è la vita di ciascuno, «l’unica che abbiamo e che deve esserci tanto cara perché è dono del nostro Dio, Creatore e Padre. La casa è la vita. Gesù è la dimora avendoci dato la propria vita. Maria stessa, lieta di essere accolta da ciascuno di noi nella casa della vita, è pronta a darci a sua volta la vita, divenendo anche per noi “dimora gradita a Dio”. Maria è la domus aurea, acclamata dal popolo fedele nelle litanie lauretane: lo è in modo tanto sublime e singolare per voi carmelitane avendovi spalancato – tutta per voi – la casa del Carmelo chiedendovi di vestire l’abito di celeste preziosità delle sue virtù, custodendo candida la veste battesimale per la vita eterna». “Casa” che non significa prigione, ma luogo in cui esprimere la propria libertà. Casa che non significa immobilismo, ma movimento del cuore (“incessante e rapido” il movimento, come per Francesca Cabrini) che sale per la via stretta e ripida della santa Montagna che è bussola della spiritualità carmelitana.
Una bussola che è orientata a Cristo, meta di un pellegrinaggio da affrontare animati da silenzio e speranza: «Come suggeriva Dietrich Bonhoeffer, martire della fede come la vostra Edith Stein - Teresa Benedetta della Croce: il silenzio prima dell’ascolto della Parola, durante e dopo: non per amore del silenzio, ma della Parola. In questo modo si passa da un cristianesimo di solo conforto ad un cristianesimo di innamoramento, dal dovere allo stupore sempre nuovo che conduce alla profondità della vita, sedotti dalla divina Bellezza, accesi ben più che da quello di Elia dal fuoco mai spento della Pentecoste».
Il vescovo, durante la celebrazione, ha ricordato anche l’appuntamento di ieri sera ad Alessandria per l’incontro dell’Ordine del Santo Sepolcro, durante il quale pregare per la pace nella Terrasanta: «Sotto lo sguardo di Nostra Signora del Monte Carmelo, pensando a Israele e Palestina ma anche all’Ucraina e a tante guerre e violenze note e sconosciute».
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