Chiesa
Martedì 29 Novembre 2011
Il 40° di istituzione di Caritas italiana
Festa a Roma con Benedetto XVI e il vescovo di Lodi
Una grande festa con il Papa. Le Caritas diocesane devono essere come «sentinelle capaci di accorgersi e di far accorgere, di anticipare e di prevenire, di sostenere e di proporre vie di soluzione» alle difficoltà delle persone: esse devono «ascoltare per conoscere» ma anche «per farsi prossimo, per sostenere le comunità cristiane nel prendersi cura di chi» necessita di un aiuto. A dirlo è Benedetto XVI che giovedì ha ricevuto in udienza in Vaticano circa undicimila partecipanti al grande evento di Caritas Italiana in occasione del 40esimo anniversario di fondazione dell’organismo della Conferenza Episcopale Italiana: con loro, anche il cardinale Bagnasco, presidente della Cei, affiancato dal presidente della Caritas e vescovo di Lodi monsignor Giuseppe Merisi, dal direttore di Caritas Italiana monsignor Vittorio Nozza, dai direttori delle Caritas diocesane e dai loro collaboratori. In aula anche una ventina di lodigiani don il direttore don Davide Scalmanini, il quale tra pochi giorni partirà per il Niger come missionario. Il Papa ha ricordato che «al di sopra dell’aspetto puramente materiale della vostra attività, deve emergere la sua prevalente funzione pedagogica», che è rappresentato dall’importante compito educativo di «assumere la responsabilità dell’educare alla vita buona del Vangelo, che è tale solo se comprende in maniera organica la testimonianza della carità». «Il distintivo del cristiano - ha detto il Papa - è che la fede si rende operosa nella carità: ciascuno di voi è chiamato a dare il suo contributo affinché l’amore con cui siamo da sempre e per sempre amati da Dio divenga operosità della vita, forza di servizio, consapevolezza della responsabilità». Benedetto XVI si è rivolto ai rappresentanti delle Caritas diocesane e parrocchiali chiedendo loro di «non desistere mai da questo compito educativo, anche quando la strada si fa dura e lo sforzo sembra non dare risultati». «È importante - dice - che le persone sofferenti possano sentire il calore di Dio e lo possono sentire tramite le nostre mani e i nostri cuori aperti» ed è importante che ciò accada «attraverso i segni concreti» attraverso cui «voi parlate, evangelizzate, educate». «L’individualismo dei nostri giorni, la presunta sufficienza della tecnica, il relativismo che influenza tutti - argomenta il Papa - chiedono di provocare persone e comunità verso forme alte di ascolto, verso capacità di apertura dello sguardo e del cuore sulle necessità e sulle risorse, verso forme comunitarie di discernimento sul modo di essere e di porsi in un mondo in profondo cambiamento». «Vi auguro - ha auspicato Benedetto XVI - di sapere coltivare al meglio la qualità delle opere che avete saputo inventare: rendetele, per così dire, parlanti, preoccupandovi soprattutto della motivazione interiore che le anima, e della qualità della testimonianza che da esse promana». Naturalmente, ha spiegato ancora, «l’umile e concreto servizio che la Chiesa offre non vuole sostituire nè, tantomeno, assopire la coscienza collettiva e civile»: semplicemente «le si affianca con spirito di sincera collaborazione, nella dovuta autonomia e nella piena coscienza della sussidiarietà». Ecco allora l’obiettivo di «realizzare una presenza capillare sul territorio» e di «leggere l’evolversi della vita delle persone che lo abitano, le difficoltà e le preoccupazioni, ma anche le opportunità e le prospettive». «Rispondere ai bisogni - ha continuato Benedetto XVI - significa non solo dare il pane all’affamato, ma anche lasciarsi interpellare dalle cause per cui è affamato, con lo sguardo di Gesù che sapeva vedere la realtà profonda delle persone che gli si accostavano». Il pensiero allora - ha detto il Papa - «non può non andare anche al vasto mondo della migrazione», come pure alle «calamità naturali e guerre che creano situazioni di emergenza». «La crisi economica globale - ha continuato - è un ulteriore segno dei tempi che chiede il coraggio della fraternità, il divario tra nord e sud del mondo e la lesione della dignità umana di tante persone, richiamano ad una carità che sappia allargarsi a cerchi concentrici dai piccoli ai grandi sistemi economici. Il crescente disagio, l’indebolimento delle famiglie, l’incertezza della condizione giovanile indicano il rischio di un calo di speranza. L’umanità non necessita solo di benefattori, ma anche di persone umili e concrete che, come Gesù, sappiano mettersi al fianco dei fratelli condividendo un po’ della loro fatica. In una parola, l’umanità cerca segni di speranza: la nostra fonte di speranza è nel Signore. Ed è per questo motivo che c’è bisogno della Caritas; non per delegarle il servizio di carità, ma perché sia un segno della carità di Cristo, un segno che porti speranza».
Quasi 3000 centri di Ascolto diocesani e parrocchiali, 191 Osservatori diocesani delle povertà e delle risorse, 196 Laboratori diocesani per la promozione delle Caritas parrocchiali. 580 centri di erogazione beni primari, 130 servizi residenziali per le persone senza dimora,106 mense, 78 servizi residenziali per famiglie in difficoltà, 66 centri di ascolto per immigrati. E ancora 68 fondazioni antiracket e antiusura, 806 iniziative anti-crisi economica attive presso 203 diocesi. Una galassia che parla di percorsi, azioni, opere e di servizi, sempre in un’ottica di animazione alla testimonianza della carità, in fedeltà alla prevalente funzione pedagogica che caratterizza l’organismo pastorale Caritas. «Agire per esserci e per farci essere l’intera comunità». Così nella sua prolusione il primo giorno monsignor Merisi aveva sintetizzato l’obiettivo della Caritas, ricordando come da 40 anni l’impegno di Caritas Italiana per i diritti, la legalità, le politiche sociali, l’inclusione, il bene comune ha puntato proprio a formare comunità capaci di vivere e agire dentro la storia, nella quotidianità. Nel richiamare segnali preoccupanti, come «la crescente vulnerabilità di persone e famiglie, la precarietà del mondo giovanile, la criticità del Mezzogiorno, la necessità di guardare in modo nuovo la vita della società civile e delle sue istituzioni, le incertezze del contesto europeo e il fenomeno dell’immigrazione nell’ottica globale», monsignor Merisi aveva tracciato le priorità di un percorso che Caritas Italiana è chiamata a seguire con rinnovato slancio, tra memoria, fedeltà e profezia.
Giacinto Bosoni
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