L’appello del vescovo: «Il mondo del lavoro sia inclusivo»

La Messa presieduta da monsignor Malvestiti nella zona artigianale del quartiere San Fereolo a Lodi nella festa di San Giuseppe lavoratore

al polo artigianale di San Fereolo l’appello del vescovo Maurizio per un mondo del lavoro inclusivo, rispettoso, accessibile. In occasione del Primo maggio monsignor Malvestiti ha presieduto la Santa Messa, celebrando la festa di San Giuseppe lavoratore e aprendo contestualmente il mese dedicato alla Vergine Maria. Sotto un’ampia tettoia numerosi fedeli hanno potuto ascoltare il vescovo rendere grazie al Signore, chiedendogli di benedire il frutto della terra e del lavoro dell’uomo.

«Da qui, luogo di quotidiana fatica, mi rivolgo a voi, senza dimenticare ogni ambito nevralgico del lavoro e della vita sociale - ha affermato il presule -. Non si vive di solo pane, ma pure di quella eternità che attraverso l’Eucarestia ed il lavoro trasfigura la storia in civiltà dell’amore: siamo una sola umanità, che ha diritto al grande bene della creazione e del lavoro». Lavoro che deve essere per tutti: «Se non lo è, elabora prospettive ingiuste, generando problemi. Ognuno è infatti eguale in quella sete di senso, dignità e felicità insopprimibile. La fede dà risposta a questa sete, indicando il mistero pasquale al quale convertirci per avere vita in abbondanza».

La guida che ci conduce verso questo traguardo, il Buon pastore, rischia la sua vita pur di salvarci. Per quella stessa sete, poi, si lavora, si sogna, si sbaglia anche. «Ma la sete ci invita a pregare, annunciando che il lavoro è bene comune donato dal Padre - ha proseguito il vescovo Maurizio -. Non condanna o sola fatica, né perdita di vita, come purtroppo avviene non raramente anche in questo tempo. Il lavoro è via alla libertà».

Il Primo maggio è quindi «riconoscenza verso i lavoratori, preghiera per le vittime del lavoro, appello contro le ingiustizie», al fine di far fruttare il vero capitale, quello umano, «che trasfigura il lavoro in vocazione, rendendo dignitosa la vita, nell’integrità che le è propria, soddisfacendo alle aspirazioni profonde della coscienza che ci proiettano oltre tempo e spazio verso la casa della comunione nella carità». E proprio sull’esercizio della carità il Buon pastore ci chiederà conto, per aprirci le porte del Regno.

Chiedendo pari opportunità lavorative per tutti, uomini e donne, monsignor Malvestiti ha rivolto un pensiero a quanti, cercando lavoro, fuggono in cerca di speranza, ed ai giovani «vessati da un modello culturale che li esclude, causando disoccupazione e recidendo la loro capacità di futuro». L’invito è stato quindi quello di seguire, con Maria e Giuseppe, il Buon pastore, «battendoci affinché il lavoro non sia una porta chiusa in faccia a nessuno, ma spalancata alla dignità di tutti, in particolare dei giovani». Erano presenti il parroco don Elia Croce, che ha accolto il vescovo con don Roberto Abbà, il Presidente di Fondazione Comunitaria Mauro Parazzi, il segretario dell’Unione Artigiani Mauro Sangalli, il direttore dell’Ufficio di Pastorale sociale dottor Riccardo Rota.

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