Chiesa
Mercoledì 12 Giugno 2013
Quella chiamata a vivere
in stretto rapporto col Signore
e a servizio di ogni fratello
«Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato» (Sal 2,7). La Lettera agli Ebrei attribuisce questa frase a Dio Padre, che riserva a Gesù, il Figlio, una predilezione che lo innalza anche al di sopra degli angeli del cielo (cfr. Eb 1,5). Ma Gesù non è stato mandato nel mondo, in mezzo a noi, per tenersi stretto questo titolo. Tutta la sua vita terrena lo vede impegnato a far sì che ciascun uomo, dal più santo al più reietto, si riconosca figlio di Dio, perché nessuno, nemmeno il più grande dei peccatori, possa sentirsi così lontano da Dio da temere di non essere da lui amato. Questa sconvolgente buona notizia (Vangelo, appunto), che percorrendo i secoli è arrivata fino a noi, da un lato ci dona la gioia di sentirci amati così come siamo, dall’altro ci impegna a vivere da figli di Dio, ciascuno nella sua vocazione. Ecco perché ho scelto questa citazione: per ricordarmi che sono chiamato prima di tutto a vivere da figlio di Dio, per il dono che Gesù ha fatto a tutti gli uomini di poter chiamare Dio con il nome di Padre. E poi sono chiamato a vivere da figlio nello specifico della vocazione al ministero ordinato, perché possa farmi compagno di viaggio per quanti il Signore vorrà donarmi. Gesù mi invita a vivere il mio essere figlio come l’ha vissuto lui: in stretto rapporto con il Padre e a servizio degli altri, perché tutti possano ricevere la bella notizia che c’è un Dio che li ama come un Padre e li chiama a diventare sempre più pienamente suoi figli.
Si conclude il lungo percorso del Seminario, che ha segnato otto anni della mia vita e resterà quindi una fase importantissima del mio cammino. Un cammino che non si conclude, ma si apre a una novità grande: il ministero, che anche se tanto atteso e desiderato, mantiene comunque la sua carica di gratuità e sorpresa. Gli anni di Seminario sono sì serviti a prepararmi alla vita da prete, ma mi hanno anche aiutato a comprendere quanto immeritato e gratuito sia il dono che il Signore ha scelto di consegnare nelle mie mani.
Il 18 settembre 2005 alle ore 18.00 entravo in Seminario (certi momenti non si scordano!), ma il cammino era iniziato molto prima, anche se io non ne ero consapevole: il Signore aveva gettato molti semi nel mio campo, semi che solo con il tempo e con l’aiuto di buoni agricoltori hanno potuto dare frutto. I miei genitori, innanzitutto, e con loro tutti i familiari, con un ricordo particolare per i nonni, che hanno contribuito alla mia crescita umana e cristiana, e non hanno smesso di “coltivarmi” anche dopo l’ingresso in Seminario. Molti sacerdoti, a partire da chi mi ha battezzato, passando per quanti hanno accompagnato la mia infanzia e adolescenza, fino agli educatori del Seminario e a coloro che hanno guidato le mie esperienze pastorali. Le tante persone che nelle parrocchie e nelle esperienze che ho attraversato hanno lasciato il segno nella mia vita e la cui vicinanza, amicizia e preghiera sono state di fondamentale importanza per il mio cammino: la mia comunità di San Bernardo, quelle di Casalpusterlengo e Somaglia, gli operatori e i ragazzi della Cooperativa Amicizia, e la comunità di San Gualtero che da pochi mesi mi ha accolto come nuovo parrocchiano. I seminaristi con cui ho condiviso tratti più o meno lunghi del percorso, segnati da esperienze molto variegate: dallo studio alla preghiera, dalla fatica al riposo, dai gesti di amicizia agli screzi; tutte sfumature di quella bella, fraterna ed educativa realtà che è il Seminario. E poi tanti, tanti amici che porto nel cuore e che con gesti grandi o piccoli hanno voluto esprimere la loro vicinanza in questa importante “fase di passaggio”. A tutti, veramente a tutti, va il mio grazie.
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