SANTO NATALE - L’anelito della pace nei giorni di festa
Il messaggio del vescovo di Lodi, monsignor Maurizio Malvestiti
Se potessimo dare verità ai sogni, sceglieremmo anche noi, lodigiane e lodigiani, quello della pace universale. Almeno a Natale! Pensando, ovviamente, alla vicina Ucraina e allargando lo sguardo al mondo sotto violenza diverse altre aree. Se tutto si fermasse, mentre giunge notizia di attentati nelle capitali europee alla vigilia di una festa di condivisa umanità e comune futuro?! Siamo ormai infastiditi dal riferimento alla guerra. Ci accingiamo a tornare nelle chiese – e mi auguro numerosi – meno preoccupati dall’emergenza pandemica e più liberi, pur nella doverosa cautela, da cogenti restrizioni anche solo di distanziamento. Ma avvertiamo che la festa può essere rovinata da questo pensiero. E forse confidiamo che nelle celebrazioni si sorvoli il tema per non intristire il Natale, che deve piuttosto consolare con un’affidabile speranza. Il richiamo a tanto dolore è istintivamente avvertito come inopportuno.
Non sarebbe Natale, tuttavia, se non guardassimo il mondo per quello che è. Un problema! Benché non si possano negare tutte le sue opportunità. Così, cristiani e non, credenti e non, felici o scontenti, sani o malati, poveri o ricchi che siano, uomini e donne di ogni età, ovunque, si concedono un Natale. Irrinunciabile, troppo appagante, è la sosta dell’animo sulla grazia del nascere e del vivere per tentare di scongiurare segretamente l’eventualità che la vita finisca per sempre. È Natale perché non possiamo andarcene definitivamente. Non lo accetta la profondità del cuore. Attendiamo una buona notizia. Sempre. E l’evento di Betlemme ci lusinga. Se Dio, infatti, nasce nella nostra umanità, il problema è risolto. Il suo perdurare è, comunque, perdente. I cristiani hanno la felice missione di celebrare nel presente questo evento decisivo per i secoli passati e futuri. È questa una notizia di tutto rispetto!
Non sia mai assente la pace tra noi. Non mortifichiamola costringendola a nascondersi. Venga alla luce. Come perla la più preziosa per la famiglia umana
Pensando all’Europa dell’est, afflitta dal problema che vorremmo rimuovere almeno a Natale, ho affidato gli auguri natalizi ad una raffigurazione proveniente dalla Romania, con la scritta: “Buna vestire” ossia “Buon annuncio”. Si riferisce all’Annuncio del Signore alla Vergine, come è narrato dall’evangelista Luca (1, 26-38). Maria e l’angelo Gabriele sono l’una di fronte all’altro davanti alle Porte Regali del cielo che si aprono sulla terra. Ma perché Nazareth e non Betlemme? Perché manca il Bambino a Natale? L’assenza del Principe della Pace è voluta per suscitare la supplica di questo dono indispensabile alla convivenza umana. In realtà, nell’Annunciazione il Figlio di Dio è nel grembo della Madre, nascostamente, quale cuore dell’evento salvifico. Proprio come ogni guerra, è paradossalmente combattuta a motivo della pace desiderata.
Non sia mai assente la pace tra noi. Non mortifichiamola costringendola a nascondersi. Venga alla luce. Come perla la più preziosa per la famiglia umana. Aiutiamola credendo al dinamismo della preghiera, che coalizza le migliori energie dei singoli e delle comunità, risvegliando le coscienze contro la follia di ogni guerra per educarci vicendevolmente alla pace, a partire dalle nuove generazioni, affinché divenga il canto dell’unità tra tutti i popoli della terra. Il suo sentiero è arduo. E noi siamo in ritardo. Ma ora rischiamo addirittura di perdere terreno. Ricordarlo non è rovinare la festa ma evitare che si spenga per sempre. Interessi economici, militari e nazionalistici soffocano i pensieri della pace. Da bassa intensità il conflitto alle porte d’Europa è divenuto pericolo globale. Non nascono per sbadataggine i conflitti. Fattori politici ed economici sono sempre pronti, purtroppo, a sacrificare i valori culturali e religiosi che uniscono per far avanzare progetti parziali frutto di anguste visioni che allontanano le comunità.
Tornerò in Terra Santa dopo Natale con un gruppo di lodigiani, dopo lo splendido pellegrinaggio coi giovani dell’agosto scorso. E ricorderò tutti chiedendo il dono della pace proprio là dove gli angeli cantarono la gloria di Dio che dà pace in terra agli uomini che Egli ama
Tornerò in Terra Santa dopo Natale con un gruppo di lodigiani, dopo lo splendido pellegrinaggio coi giovani dell’agosto scorso. E ricorderò tutti chiedendo il dono della pace proprio là dove gli angeli cantarono la gloria di Dio che dà pace in terra agli uomini che Egli ama. Il primo gennaio da lontano mi unirò alla preghiera per la pace che dalla nostra cattedrale si porrà in sintonia con tutta la Chiesa. Per questo ho anticipato questi pensieri insieme agli auguri cordiali della vigilia. Con l’esortazione a rimanere sulla via della pace. Discostarcene significa contrapporci e seminare quella silenziosa divisione che puntualmente degenera fino alla presa di distanza, la quale è poi incapace di fermarsi giungendo persino allo scontro. Indimenticabile pastore di pace rimane Giovanni XXIII. Ne gettò le fondamenta indicandoci la verità, la giustizia, la solidarietà, la libertà. È questo l’arduo sentiero della pace anche oggi. I cristiani non si attardino a percorrerlo. Insieme! Come il Sinodo suggerisce. Non attardiamoci. Tradiremmo l’annuncio del Natale e noi stessi. Portiamo, invece, a tutti questa buona notizia: “così potremo riconoscere l’abisso del male nel cuore della guerra e non ci turberà il fatto che ci trattino come ingenui perché abbiamo scelto la pace” (Francesco, Fratelli tutti 261). Buon Natale e Buon Anno.
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