È possibile parlare del paesaggio e della sua tutela negli anni in cui la crisi economica sta mettendo in ginocchio aziende e famiglie? Facevo questa riflessione qualche giorno fa percorrendo la via Emila fra Lodi e la “bassa”, dove solo a tratti si possono ormai riconoscere alcuni degli elementi che tutti riconosciamo come tipici del paesaggio lodigiano: gli spazi agricoli delimitati dai filari di alberi, i corsi d’acqua, i paesi ed i cascinali. “Lodigiano, il paese dei colori”, diceva un vecchio slogan dell’Azienda di promozione turistica.Qualche colore è rimasto, ma francamente pochi: predomina il grigio delle strade e dei capannoni; ai lati delle strade, troppi rifiuti abbandonati e invadenti cartelloni pubblicitari (spesso vuoti, altro segno della crisi). Se consideriamo il paesaggio non solo come elemento estetico, ma come sintesi dei valori culturali ed ambientali di un territorio, allora parlarne ha un senso anche in tempo di crisi.Anzi, credo francamente che la crisi del paesaggio sia lo specchio della crisi economica e sociale. Le cause? Una politica che non è in grado indirizzare efficacemente le scelte private, il prevalere di interessi individuali su quelli collettivi, le visioni di breve periodo anziché le scelte di lungimiranza.Sento già le obiezioni: la priorità in tempo di crisi va alle esigenze produttive (agricole, industriali e terziarie). Chissà perché molti dei paesi in cui la crisi è meno bruciante (Gran Bretagna, Norvegia e Svizzera per fare tre nomi) hanno la cultura del paesaggio più profondamente radicata: quindi sviluppo economico e tutela dei valori ambientali possono andare d’accordo!Proviamo a chiederci cosa non ha funzionato da noi.Intanto il paesaggio agricolo sta scomparendo, anche nel lodigiano. Si è costruito troppo e a sproposito, al di sopra di ogni ragionevole necessità. Spesso si è costruito anche in modo orribile. Finalmente (era ora!) si parla della necessità di porre fine al “consumo di suolo”. Ma occorre che la politica si muova alla svelta: gli strumenti di programmazione territoriale – comunali e provinciali – hanno dimostrato tutta la loro inefficienza. C’è qualche candidato alle prossime amministrative che dice come la pensa sull’argomento e vuole prendersi qualche impegno?Si è investito molto in infrastrutture, ma ci si è dimenticato dei valori ambientali.Per ragioni di lavoro viaggio quasi esclusivamente in treno; spesso e con soddisfazione uso il treno veloce fra Milano e Roma: credo sia stata un’opera utile. Gli enti locali si sono sprecati a chiedere – al momento della realizzazione - “opere di compensazione”, quasi tutte stradali. La linea ad alta velocità e l’ampliamento dell’autostrada hanno quindi mangiato migliaia di ettari di suolo agricolo, ma dal punto di vista paesaggistico non è stato chiesto e fatto nulla per mitigarne l’impatto (salvo la galleria di Somaglia).Il paesaggio è una risorsa. A nessuno verrebbe in mente di fare un viaggio nella campagna padana, salvo che per una rapida visita ad alcune città d’arte. Vi assicuro che la campagna francese da sola merita un viaggio. Purtroppo una “cultura del paesaggio” non si improvvisa; il percorso verso la consapevolezza è lungo e difficile.Che fare? Intanto servono delle regole, subito, sul consumo di suolo. Se i comuni non sono in grado di darsele, occorre l’intervento di qualche ente sovracomunale: da questo punto di vista non è purtroppo chiaro chi si prenderà nel futuro l’attuale ruolo delle provincie.Occorre anche qualche investimento per ricostituire gli elementi essenziali, soprattutto naturali, distrutti in questi anni di devastazione. Parlare oggi di investimenti sembra un controsenso; in realtà non occorrono grandi risorse, basta fare un po’ di intelligente programmazione, evitando sprechi di risorse.Infine occorre parlare di più di valori ambientali per far crescere la cultura e la consapevolezza dei cittadini: sono le nostre scelte individuali ed i nostri comportamenti, anche quotidiani, che contribuiscono a dar forma – nel bene e nel male – al paesaggio lodigiano. Quello che vediamo oggi e che speriamo di consegnare un po’ migliore ai nostri figli.
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