La maturità tra speranze e sorprese

Anche questa volta le previsioni, un po’ come succede talvolta con quelle meteorologiche, non sono state azzeccate dagli studenti. Come da tradizione tutti quelli che hanno scrutato nella palla di vetro, o non avevano gli occhialini 3D, o non sono stati capaci di tradurre in parole, forme e messaggi ciò che dalla palla di vetro si levava a stimolare la capacità interpretativa. Fatto sta che i ragazzi ancora una volta hanno fatto girare un tam tam pazzesco su temi e personaggi che al momento dell’apertura delle buste non si è trovata traccia. Niente, quindi, temi su D’Annunzio, niente sul 150° dell’Unità d’Italia, niente sul conflitto in Libia, niente su Fukushima, niente sul terrorismo, niente su Giovanni Paolo II°. Niente di tutto questo. Gli esperti del Ministero, come al solito, hanno messo tutti… fuori traccia.E allora con quali argomenti e con quali personaggi si sono dovuti cimentare i nostri maturandi quest’anno? Si può dire che la poesia «Lucca» di Giuseppe Ungaretti è stata una vera sorpresa. L’analisi del testo, nella tipologia A, ha spiazzato i bookmaker scolastici. Questo vuol dire che nessun pizzino è stato preparato su Ungaretti? Probabile. Ma rallegriamoci. Stando ai siti studenteschi, la poesia di Ungaretti è risultata al secondo posto nella scelta dei maturandi. Vediamo, in sintesi, le altre tracce nelle varie tipologie. Il «saggio breve o articolo di giornale» ha sempre rappresentato la grande opportunità a cui molti studenti si aggrappano da anni durante la prova di Italiano. E allora sono convinto che ancora una volta i quattro ambiti avranno offerto grandi opportunità di approfondimento. Sono stati proposti argomenti che vanno dalle «passioni amorose» con brani di alcuni grandi della letteratura come Verga, D’Annunzio, Svevo, Manzoni o della pittura come De Chirico, Picasso e Klimt, alle energie che cambiano il mondo (con la lettera di Enrico Fermi all’amico Edoardo Amaldi); dalla militanza dei giovani in politica come impegno diretto, (argomento piuttosto caldo) dove si fa riferimento alla bellissima e indimenticabile canzone di Giorgio Gaber «Destra e Sinistra», al problema legato all’alimentazione con quel particolare richiamo al «Siamo quello che mangiamo?». Già.Siamo lo specchio dei nostri tempi. Si vive male perché mangiamo male? Può essere. Arruffati e abbuffati con la pancia e il doppio mento siamo dei beati davanti all’opulenza. Ad onor del vero un problema del genere lo ha sollevato anche il grande Socrate, dandone un carattere decisamente socio-economico. Pare che passeggiando tra le vie di Atene, dicono che si sia fermato davanti a un negozio attirato dalla particolare abbondanza di merce esposta: «Ma guarda di quante cose hanno bisogno gli ateniesi per campare». Detto da uno che non amava né le tuniche griffate, né i calzari anatomici, né i lauti pranzi, la faccenda assume un valore immenso. Se poi aggiungiamo che il maestro andava in giro sempre con addosso lo stesso «chitone» e ai lauti pranzi preferiva il vino annacquato dei convivi, allora si capisce quanto sobria e morigerata fosse la vita di questo grande filosofo. Di notevole interesse è il tema storico della Tipologia C con Eric Hobsbawm, storico e scrittore inglese ritenuto dai critici il padre del «secolo breve». Un argomento che sia pur interessante, richiede comunque una profonda riflessione sui grandi avvenimenti che hanno accompagnato la vita degli uomini nel novecento. Avvenimenti che non sono solo di natura storica, ma anche di natura etica, economica e sociale. Un po’ insidioso cimentarsi con questi argomenti. Dai primi commenti studenteschi il più gettonato è risultato comunque il tema di attualità con la Tipologia D. Evidentemente parlare dell’effimero, della fama come opportunità di emergere nella vita, dei reality e delle tante trasmissioni che oggi offrono momenti di esposizione mediatica anche se fuggevoli, rientra tra le idee critiche dei nostri giovani. Indubbiamente la televisione aiuta tantissimi a intagliarsi il proprio angolo di fama e di ventura, e questo vale anche per chi finisce in gloria per crimini commessi. La storia mediatica è piena di questi esempi. Tuttavia è innegabile che ci siano delle trasmissioni, come ad esempio la recente «Italia’s got Talent», dove a tutti i concorrenti è data l’opportunità di vivere, sia pure per pochi minuti, momenti di fama e di speranza davanti a milioni di telespettatori. Pochi minuti da spendere bene per mostrare il proprio talento e sperare di sfondare nel mondo dello spettacolo. Il mondo che conta. Quello di lustrini e paillettes. Profetico, quindi, Andy Warhol, massimo esponente della pop art americana con il suo «nel futuro ognuno sarà famoso al mondo per 15 minuti». E’ come dire che tutti siamo predestinati a vivere prima o poi un sia pur minimo momento di gloria e questo grazie anche alla tecnologia. E quando parliamo di tecnologia, non parliamo solo di televisione, ma anche di blog, di YouTube, di Facebook, di Twitter. E’ qui il problema dei problemi. Siamo tutti alla ricerca di un’occasione perché questa è considerata la vera opportunità della vita. Tutti sembrano essere stufi di rimanere nell’anonimato, di qui la voglia matta di imboccare la strada che porta fama, notorietà, successo. Si fa strada, con sempre più determinazione, una nuova cultura che educa i giovani a scoprire la soddisfazione che si prova quando si riesce a evitare un cammino fatto di sacrifici, di progetti da impostare, di traguardi da raggiungere. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Ci si accontenta anche di vivere un solo giorno da mattatore, perché tanto questo solo giorno ne vale cento di quelli trascorsi tra estenuanti impegni forieri di rinunce oggi non più accettabili. Una realtà che dà spazio a tutto ciò che si consuma nella logica dell’usa e getta, del mordi e fuggi, del compra e cambia. E’ come dire che l’attimo, l’effimero valgono più di ciò che è duraturo. La nostra è una società che dà praticamente campo libero solo a coloro i quali dimostrano di essere in grado di muoversi con destrezza tra ogni sorta di automatismo. Il palcoscenico appartiene a questi ultimi, a quelli che hanno fame di fama.

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