Scrivi bene? Ti regalo il funerale

Il congedo dall’esistenza è un accompagnamento che prelude, per chi crede, all’incontro nella definitività di una vita in Dio. Perciò le preghiere esprimono dolore e gioia, lacerazione e certezza. Il folklore indubbiamente è vario: chi porta il proprio morto al porto per rinchiuderlo in una bara a forma di barca; chi gli prepara un mausoleo a perenne ricordo; chi lo affida semplicemente alla terra e lo porta sempre con sé nel proprio quotidiano. Espressioni diverse di cordoglio e di speranza, promananti dal profondo ancestrale della propria cultura, quella che parla dal di dentro. Che dire allora di quanto è accaduto negli Usa con una squadra minore di baseball? Indire un concorso di scrittura fra i tifosi può dimostrarsi un’iniziativa che suscita interesse. Limitare il racconto a duecento parole non è impresa da poco. Indicare come tema obbligatorio la descrizione del funerale perfetto, rasenta forse il gusto del macabro da parte di chi si ingegna ad allenare per fare canestri strabilianti e vincere partite che entusiasmino. La perplessità perciò è in crescita. Esplode quando si viene a conoscere il premio messo in palio: un funerale gratuito. La giuria, composta da dirigenti della squadra e di un’agenzia di pompe funebri, aggiudicherà il pacchetto di 10mila dollari in cui è compresa la bara, la preparazione della salma, l’affitto della sala per il funerale e, infine, il carro funebre per raggiungere il cimitero designato. In quanti hanno risposto? In cinquanta. La scia, creatasi fra i tifosi in seguito all’iniziativa, lascia di stucco: al proprio funerale uno indosserà la maglietta della squadra, un altro lascerà le proprie ceneri dietro la casa base così controllerà le chiamate dell’arbitro, un altro ancora farà spargere le sue ceneri con un deltaplano sul campo di gioco. Ne consegue una dimostrazione palese e chiara della perdita del senso dell’esistenza, del cammino nella storia da viandanti pellegrini verso Dio, della serietà e del valore del proprio corpo creato a immagine e somiglianza di Dio. Pensavo ad un funerale grandioso nella sua forma espressiva, quello di Zita, ultima Imperatrice dell’Impero austro-ungarico: pompa, fiori, divise, cortei. Giunto alla cripta della sepoltura, il feretro trova la porta sbarrata, viene annunciato per due volte l’arrivo dell’illustre defunta con tutti i suoi altisonanti titoli. La porta rimane sbarrata. “Zita, la peccatrice!” risuona ancora. La porta si spalanca: la chiesa la riconosce, l’accompagna, orante e intercedente.

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