Nei giorni scorsi, sul “Corriere della Sera”, è comparso un ampio servizio sul fatto che i musulmani belgi preferirebbero iscrivere i propri figli alle scuole cattoliche perché sarebbero più “friendly” nei confronti dell’appartenenza religiosa, addirittura in alcune vi sarebbe il permesso di mantenere il velo - in Belgio come in altri Paesi d’Europa è vietato nei luoghi pubblici - e poi lascerebbero più spazio alle convinzioni altrui. Vi sarebbe, insomma, più libertà.L’argomento è importante e porta con sé tutta una serie di considerazioni che vanno dalla realtà sociale sempre più “plurale” del nostro continente europeo, ai temi del dialogo e della cooperazione tra le religioni, fino alla questione più specifica e ricca d’implicazioni che riguarda la presenza della religione nelle scuole, vuoi come insegnamento disciplinare, vuoi come orientamento dell’istituzione (le scuole confessionali). Apre anche una riflessione sulla modalità “cattolica” di presenza, non di rado inclusiva, aperta, dialogante, come di fatto si registra nelle scuole d’Europa.Il Belgio è senz’altro una fucina di diversità e a proposito dei musulmani, registra una presenza crescente di persone che confessano la religione islamica. Sempre il “Corriere”, riferendosi ancora alla popolazione scolastica, riportava come l’aumento dei musulmani “è certificato anche nelle scuole pubbliche e laiche” e ad Anversa, seconda città del Paese, “gli studenti musulmani sfiorano il 50% già nella media degli istituti”, superandolo addirittura in altri. Un esempio? “Lo scorso 26 ottobre, festa islamica dell’Aid, all’ateneo reale Thomas di Bruxelles-Forest, su 750 iscritti solo 50 erano presenti”. La recente ricerca europea sull’insegnamento della religione promossa dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa e dalla Cei, già segnalava, a proposito del Belgio, come in alcune scuole cattoliche la presenza musulmana fosse importante numericamente. Sempre il “Corriere” partiva dalla proposta provocante d’istituire addirittura, nelle scuole cattoliche, un corso di religione musulmana (nel sistema scolastico belga è già presente nelle scuole pubbliche: ancora la ricerca Ccee-Cei aiuta a questo proposito). Proposta che suscita non poche perplessità, anche in relazione all’argomento della reciprocità.E qui si apre la discussione sul modello dell’insegnamento religioso scolastico, già raccolta da alcuni commentatori anche in vista della situazione italiana e con l’attenzione, tra l’altro, alla questione della “frammentazione identitaria” all’interno del mondo scolastico. In sostanza, se la presenza numerosa di comunità religiose diverse deve portare a insegnamenti religiosi scolastici conseguenti, il rischio è quello di proporre tante piccole o grandi oasi identitarie col rischio, magari, di separazione e steccati. Chi conosce, anche solo in Italia, il dibattito pluridecennale sull’insegnamento della religione, sa che prospettive di questo genere sono state più volte discusse.Proprio a questo proposito, la scelta italiana di un insegnamento confessionale e pur pienamente scolastico allo stesso tempo, orientato alle finalità della scuola di tutti, aperto a tutti e senza la richiesta di opzioni di fede, riscuote attenzione e interesse in Europa, dove pure si discute anche d’insegnamento aconfessionale, di storia delle religioni. Il dibattito tra laicità e confessionalità è fortemente avvertito. Sempre la ricerca Ccee-Cei, nel documento finale condiviso dai delegati delle Chiese cattoliche d’Europa, sottolineava le caratteristiche propriamente scolastiche dell’insegnamento religioso e apriva interessanti prospettive. Il dibattito è in corso e i continui, veloci, mutamenti della realtà socio-culturale europea, ne sottolineano l’importanza.
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