Il riordino delle Province e gli scenari riguardo possibili quanto indigesti accorpamenti, alla luce della legge di conversione del decreto n. 95/2012 (spending review), inducono a delle riflessioni di carattere tecnico-giuridico, che devono avere, quale punto di riferimento, il Testo costituzionale. Premesso che, con la decretazione legislativa d’urgenza, non sarebbe possibile intervenire in ambiti “costituzionali”, per il divieto previsto dall’art. 72, comma 4, Cost., vi sono tre aspetti da considerare. In primo luogo, ritengo che il procedimento di riordino delle amministrazioni provinciali sia in contrasto con la disciplina di cui all’art. 133, comma 1, della Carta. Pur non essendo i Comuni e le Province garantiti dalla Costituzione se non nella loro complessiva esistenza, questa norma prevede, per qualunque mutamento delle circoscrizioni provinciali, un procedimento legislativo aggravato: iniziativa dei Comuni ricadenti all’interno del territorio provinciale, espressione del parere (obbligatorio, ma non vincolante) della Regione e solo alla fine l’intervento da parte della legge statale. A quest’ultima spetta unicamente un ruolo di garanzia, ossia di verifica che l’eventuale revisione delle circoscrizioni provinciali esistenti o il loro accorpamento siano o meno conformi all’interesse generale. Stando, quindi, alla lettera della norma costituzionale citata, sarebbe precluso un qualunque intervento statale a priori volto a predeterminare le condizioni idonee a garantire la sopravvivenza dell’ente provinciale. Viceversa, il provvedimento normativo del Governo, all’art. 17, commi 2, 3 e 4, reca un’articolata procedura che, sebbene apparentemente intenda coinvolgere Regione ed enti locali territoriali, fuorisce dal procedimento indicato all’art. 133, comma 1, Cost. Infatti, l’iter procedurale previsto dal decreto-legge sulla spending review pare delineare un percorso il cui contenuto è già precostituito dal Governo e non è per nulla rimesso alla libera ed autonoma iniziativa dei Comuni. Anzi, qualora la procedura di riordino dovesse arrestarsi, è previsto un intervento in via sostitutiva da parte dell’Esecutivo mediante atto legislativo governativo (la cui natura è di difficile individuazione a causa del linguaggio poco chiaro del legislatore), sebbene previo parere della Conferenza unificata. In secondo luogo, suscita più di una perplessità la determinazione dei due criteri, contenuti nella deliberazione adottata dal Consiglio dei Ministri del 20 luglio scorso, in base alla quale le Province esistenti potranno salvarsi, pena la loro riduzione: almeno 350 mila abitanti ed una superficie territoriale non inferiore ai 2500 chilometri quadrati. Ora, se l’obiettivo del Governo guidato da Mario Monti è la riduzione della spesa pubblica, perché il riordino non è generalizzato? Perché si dovrebbero salvare solo le realtà provinciali che soddisfano i due criteri arbitrariamente prefissati? Il progetto governativo, da questo punto di vista, si rivela proprio manchevole sotto il profilo della coerenza della differenziazione legislativa e, dunque, si pone in contrasto con l’art. 3, comma 1, della Carta costituzionale. In terzo ed ultimo luogo, va affrontato il problema delle funzioni di spettanza provinciale. La Costituzione, all’art. 117, comma 2, lett. p), riconosce in capo allo Stato, in via esclusiva, il potere di indicare le funzioni fondamentali delle realtà provinciali; conformemente a questa previsione la legge sulla spendin review (art. 17, comma 10) le individua in: pianificazione territoriale, tutela e valorizzazione dell’ambiente, pianificazione dei servizi di trasporto, classificazione e gestione delle strade provinciali, programmazione provinciale della rete scolastica e gestione dell’edilizia scolastica relativa alle scuole secondarie di secondo grado. Ora, al di là del fatto che le funzioni fondamentali sarebbero solo di tipo ordinamentale, ossia unicamente quelle attraverso cui gli organi di governo della Provincia esercitano l’attività di indrizzo politico, e non anche quelle di natura amministrativa, non si riesce a comprendere il motivo del trasferimento delle altre funzioni, che sono state conferite alle Province con legge statale, ai Comuni (come, del resto, già stabilito nel decreto-legge salva Italia). E’ possibile ipotizzare che compiti di “area vasta”, fino ad oggi gestiti dalle Province, possano essere attribuiti agli oltre 8000 Comuni presenti in Italia, dei quali circa 7500 con meno di 15.000 abitanti? Non sarebbe violato il principio di sussidiarietà verticale, di cui all’art. 118, comma 1, Cost., per cui certi compiti, in ragione della dimensione territoriale ottimale, richiedono un esercizio ad opera di un livello di governo sovracomunale, rappresentato proprio dalle Province, le quali, seppur depontenziate, continuano comunque ad essere presenti nell’ordinamento? Inoltre, individuare le funzioni (ora provinciali) da riallocare a livello comunale con un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottarsi entro il 05 settembre 2012, non si pone in conflitto con l’art. 118, comma 2, del Testo fondamentale laddove impone che sia una legge (e non un atto amministrativo) ad effettuare eventuali conferimenti? Non vorrei che la galoppante retorica dell’antipolitica, che oggi va di moda, porti a intervenire indiscriminatamente in settori per i quali sussistono degli espressi limiti posti dalla Costituzione. Forse non sarebbe stato più ragionevole, dato che si ravvisano lì i maggiori costi prodotti dagli enti locali, procedere ad una charificazione delle funzioni dei diversi soggetti del sistema istituzionale, eventualmente costituzionalizzando il principio (già presente nella I legge Bassanini, la n. 59/1997) della unicità delle stesse, evitando il concorso di più livelli di governo territoriale? Scriveva Carlo Cattaneo negli Annali universali di statistica del 1836: ”Le nostre città sono il centro antico di tutte le comunicazioni di una larga e popolosa Provincia; a essa vi fanno capo tutte le strade, tutti i mercati del contado…. Chi, in Italia, prescinde da questo amore per le patrie singolari, seminerà sempre nell’arena”.
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