A Lodi le musiche sacre di Perosi

A metà serata, tra Missa secunda e Missa prima, il vescovo Giuseppe Merisi retrocedeva, poltrona alla mano, dalle prime file verso la metà della navata, subito imitato da monsignor Claudio Baggini. Una mossa prudente, vista la massa sonora risvegliata dall’insolito organico composto sì da coro e da organo, ma anche da un’orchestra d’archi a cui, successivamente, si univano anche alcuni fiati. Il concerto di sabato, ospitato nella preziosa cornice della chiesa di Santa Maria Maddalena a Lodi, voleva insieme suggellare l’intensa settimana di Congresso Eucaristico e offrire all’uditorio - numerosissimo - l’opportunità di un ascolto in cui la musica prende il posto della preghiera e ne rende universale il messaggio. La generosa partecipazione del coro polifonico “Bruno Pizzi” e di coro e orchestra “Santa Cecilia Ensemble” di Pisa diretti da Carlo Alberto Ulivieri era qui chiamata a cimentarsi con la scrittura drammatica, tesa, intimamente intrisa di religiosità dal sapore popolare, tipica di Lorenzo Perosi e del suo tratto. In programma, gli affreschi sontuosi - arazzi di luce e di solennità nella cui trama affiorano, a cascata, citazioni contrappuntistiche, madrigalismi, raffinatezze di squisita fattura dissimulate sotto la pelle di melodie dalla cantabilità tutta italiana - delle due Missae Pontificalis composte dal prelato tortonese rispettivamente nel 1896 e nel 1906, sotto i pontificati di Leone XIII e di Pio X. Testamenti, entrambe, di una visione in cui le spinte del rinnovamento, avviato proprio da Papa Sarto rispetto alla musica sacra nella liturgia, anziché scardinare l’equilibrio delle parti verso ardite soluzioni moderniste, sembrano rafforzarne le radici profonde, in un esito dove il freddo accademismo lascia il posto ad una avvolgente, vibrante espressione di fede che farà di Perosi uno dei musicisti più apprezzati di inizi Novecento. Un riscontro che, quando il Maestro perpetuo della Cappella Sistina è ancora nel pieno della sua attività creativa, darà vita ad un proliferare inesauribile di trascrizioni delle sue musiche per organici meno severi, più adatti a catturare l’assemblea attraverso il ricorso di ben più poderosi impatti timbrici e di un’avvolgenza che intrecci sensorialità a raccoglimento. È il caso della miriade di orchestrazioni che oggi abitano nei più riposti angoli degli archivi parrocchiali, la cui “riesumazione” costituisce sempre un prezioso recupero al di là dell’intrinseco valore artistico. Lo sa bene don Pierluigi Rossi, che per anni ha caparbiamente inseguito (anche una volta scaduto il tempo del cinquantenario dalla morte, caduto nel 2006) non solo un tributo di Lodi alla figura straordinaria di Perosi, ma anche un pretesto per puntare i riflettori sul patrimonio, ancora troppo snobbato, di un repertorio spesso liquidato come “minore”. A quasi un secolo dalla loro nascita, l’ascolto delle pagine di sabato, con la versione della Secunda trasposta per compagine orchestrale da Luigi Pelli, e ancor più quella della Prima firmata da Angelo Balladori, nella regolarità del passo, nella sostanziale monocromia dei colori, tanto corposi da schiacciare le voci, così come nella semplicità dell’intervento, quasi esclusivamente limitato al raddoppio della parte organistica, non racchiudeva rivelazioni e poco aggiungeva alla sempre sorprendente bellezza della partitura perosiana. Tuttavia, niente come simili testimonianze consente all’ascoltatore di oggi di accostarsi, senza filtri, ad un’epoca e ai suoi canoni. Nell’Italia postunitaria in cui il melodramma, quello a tinte fosche e appassionate dell’ultimo Verdi ma soprattutto di Puccini e Mascagni, anche la preghiera attingeva alle corde più sincere e immediate dell’animo umano, chiamando coro e assemblea ad una partecipazione alla liturgia che il canto rendeva totalizzante. E per questo il grande merito degli interpreti andava al di là dell’esecuzione, verso quel “pregar cantando” a cui lo stesso monsignor Merisi faceva riferimento in chiusura. Serata felice, culminata dall’applaudito Magnificat perosiano.

Elide Bergamaschi

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