In tempi come questi, in cui ormai scrivere lettere è diventato affare di pochi (e scriverne a mano, in quel corsivo che qualcuno vorrebbe abolire nella scuola per lasciare spazio al più semplice, freddo, lineare - ma banale - stampatello), leggere questo epistolario di Ada Negri fa bene al cuore. Perché nelle missive scambiate con le sue tre corrispondenti dal breve “esilio” emiliano di Gaione nel 1944, l’autrice lodigiana svela, più di tanti versi o pagine in prosa, la propria intimità profonda, le ansie e i dolori di una donna ormai 74enne nei momenti difficili della seconda guerra mondiale, sfollata in un’antica casa per musicisti, sotto le bombe alleate nella Parma ancora occupata dai tedeschi e con la paura per sé e per le sorti dei propri familiari nascosti un centinaio di chilometri più a nord, nella periferia del capoluogo lombardo.
C’è poco spazio per la poesia e il “bello scrivere” nel frequente scambio epistolare intrattenuto per due mesi, dopo la fuga in aprile dalla chiassosa Bollate, con la figlia Bianca, la nipote Donata e la consuocera Ada Blandino; ma c’è tutta la sensibilità di una donna giunta all’epilogo di un’intensa e appassionante (oltre che appassionata) esistenza, che ha portato un’anonima maestrina lodigiana di fine Ottocento agli allori dell’Accademia d’Italia (nel 1940) e alla fama internazionale per una produzione in versi e in prosa di altissimo valore. Una donna che sa raccontare, con partecipazione ed emozione, i fatti di quei travagliati mesi della storia nazionale evitando riferimenti al proprio lavoro creativo (i versi di Fons amoris che stava portando a compimento proprio in quei frangenti) ma rimarcando piuttosto il suo forte radicamento per la propria terra giocoforza e temporaneamente abbandonata. Come a rivendicare un’appartenenza, peraltro dichiarata apertamente e perentoriamente nell’ultima lettera del carteggio con la figlia Bianca: «Io non devo lasciare la mia Lombardia».
La corrispondenza della nostra poetessa da Gaione è radunata e curata con rigore da Cristina Tagliaferri, giovane docente all’Università Cattolica di Milano, già autrice di alcuni lavori sulla Negri, e cui si deve anche la recente catalogazione dell’omonimo Fondo della Fondazione Banca Popolare di Lodi.
Il volume, infine, propone un interessante contributo del calligrafo e studioso della scrittura Francesco Ascoli, il quale - lettere originali alla mano - traccia un profilo della Negri proprio partendo dal suo modo di vergare le lettere sulla carta, in un bel corsivo di scuola inglese via via modificatosi negli anni. Le lettere sono altresì riprodotte in bella fattura, quasi a voler avvicinare ancor di più la loro autrice ai lettori, svelandone i segreti più intimi.
Ada Negri a Gaione, Lettere (aprile -maggio 1944), A cura di Cristina Tagliaferri e con uno scritto di Francesco Ascoli, Bolis Bergamo 2015, pp. 109, 12 euro
Pubblicata da Bolis Edizioni la corrispondenza della poetessa con i familiari intrattenuta da Gaione, rifugio emiliano in cui fuggì dalle bombe nella primavera del 1944.
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