Una storia di giustizia. O meglio della ricerca di una giustizia e del confronto con la sua ombra, il potere. Un racconto che nasce dal suo contrario, dall’ingiustizia subita dal protagonista e dalle conseguenze morali che può comportare nell’individuo. Parole eterne, ambientante nella Germania del 1500, nell’universo vissuto da Michele Kohlhaas, allevatore di cavalli, come suo padre, come suo nonno. Coinvolto, suo malgrado, in una spirale di violenza narrata passo dopo passo da un solo uomo al centro del palco, in grado di rubare l’attenzione di un pubblico di ogni età per 90 minuti, parlando seduto su una sedia, vestito di nero. Atteso appuntamento, domani sera a partire dalle 21, per il terzo appuntamento di prosa della stagione del teatro Nebiolo di Tavazzano, con Marco Baliani, attore, regista, drammaturgo, tra i più originali del panorama teatrale italiano, considerato il “padre” del teatro di narrazione, figlio di una mimica e un’espressività serrate, in grado di coinvolgere anche lo spettatore più distratto, trasformandolo in ascoltatore. In scena, sul palco di via IV Novembre, porterà il suo Kohlhaas, spettacolo “cult” arrivato al numero di quasi mille rappresentazioni e tra quelli che più a lungo sono rimasti nei cartelloni di tutta Italia. Scritto a quattro mani con Remo Rostagno nel 1990, lo spettacolo è tratto da una novella scritta nel 1811 da Heinrich von Kleist che prende il nome del suo protagonista, il mercante di cavalli Michele Kohlhass. «Può un uomo lasciarsi uccidere per una faccenda di cavalli? É quel che accade a Kohlhaas contadino e allevatore, che abbandona fattoria e campi per battere ostinato al portone dei potenti, scomodare persino l’imperatore e, infine, diventare bandito e assassino. Ma questa non è una storia di cavalli, né di denari, quella di Kohlhaas è una storia di giustizia, o meglio della ricerca di una giustizia e del confronto con la sua ombra, il potere». È l’incipit di un racconto che, nelle mani di Baliani, diventa lo strumento su cui costruire l’arte della narrazione nella sua forma più alta. «È stata una sfida bella e difficile trasferire in narrazione e parola orale un universo così lontano e complesso come quello della parola scritta di Kleist - ha detto in merito allo spettacolo lo stesso autore, Baliani - : con Remo Rostagno ci siamo messi alla ricerca di una nuova forma ove far precipitare l’anima della vicenda che fin dall’inizio ci aveva affascinato». Una vicenda che apre anche un dialogo con i tempi di oggi e con la storia più recente. «Le domande senza risposta, che solleva la storia di Kohlhaas (cos’è la giustizia, quella umana e quella divina, e come può l’individuo ricomporre l’ingiustizia) - ha detto ancora l’attore e autore - fanno parte profondamente dei percorsi della mia generazione, quella segnata dal numero di riconoscimento ‘68». Nativo di Verbania, professione “raccontatore di storie”, classe 1950, nel 1975 fonda la compagnia Ruotalibera, con cui realizza spettacoli per ragazzi. A partire dagli anni Ottanta scrive e interpreta spettacoli per un pubblico adulto. Con Kohlhaas (1989) inventa il teatro di narrazione, e ne è tutt’oggi uno dei massimi esponenti insieme a Marco Paolini ed Ascanio Celestini.
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