Quattro storie che procedono parallele mentre sullo sfondo arriva al suo epilogo la vicenda di Eluana Englaro, che riempie i telegiornali e monopolizza il dibattito di un Paese intero. Bellocchio torna al febbraio del 2009 e ambienta la sua storia nei giorni conclusivi dell’esistenza della donna vissuta in stato vegetativo per 17 anni e morta a seguito dell’interruzione della nutrizione artificiale. Un parlamentare sta andando a Roma per votare il disegno di legge sul fine vita che il governo ha presentato per fermare la decisione del padre di Eluana; nel frattempo sua figlia è in viaggio verso Udine per unirsi ai gruppi di preghiera che manifestano davanti alla clinica dove la donna è stata trasferita. Nelle strade intanto si aggira un’altra figura di donna in cerca di soldi, una tossicodipendente che verrà soccorsa da un dottore e ricoverata in ospedale; infine in una casa borghese una madre accudisce la giovane figlia in coma, senza staccarsi dai piedi del suo letto dove è in funzione il respiratore artificiale. Sono le quattro vicende che non si incrociano ma procedono parallele, mentre l’attenzione dello spettatore viene sollecitata a ricordare i giorni di quell’inverno del 2009, attraverso i titoli dei telegiornali, le immagini di repertorio e quelle ricostruite da Bellocchio con la presenza di alcuni dei personaggi. Nelle loro vicende sono condensati tanti dei sentimenti vissuti in quei giorni e dopo, i dubbi, le convinzioni, le diverse posizioni in rapporto a un tema così complesso. Il parlamentare ha vissuto un caso analogo a quello di Beppino Englaro, la morte della moglie che lo ha anche allontanato dalla figlia: non vuole votare la norma in Parlamento poi decide di partire per Roma e di esprimersi in contrasto con il suo partito di maggioranza per poi dimettersi. Sua figlia partecipa alle preghiere fuori dalla casa di cura, dove per caso però incontra un ragazzo che le aprirà una finestra sulla vita completamente differente. Anche le sue convinzioni sono legate all’esperienza personale e alla fede che le supporta. La donna tossicodipendente invece sembra un fantasma che arriva alle soglie della morte, prima d’essere soccorsa dal medico che la incontra: lei è spinta a ragionare sulla propria pelle sulla vita e sulla sua fine. Mentre la madre che assiste la figlia in una “casa mausoleo” piena di fiori è una grande e bellissima attrice che ha abbandonato le scene e si è isolata dopo l’incidente alla ragazza: lei partecipa alle preghiere per Eluana, in cui fa riflettere quelle per la figlia, straziata e distante ormai anche dal marito e dall’altro figlio che la cerca senza trovarla.
Con il suo film Bellocchio riflette in maniera onesta e senza mai offendere la sensibilità e la memoria di protagonisti e spettatori su temi complessi: la fede, il dolore, la libertà. Le parole che hanno riempito il dibattito (poi frettolosamente messo da parte) di quei giorni tornano d’attualità. La politica di quei giorni, gli schieramenti contrapposti, le dichiarazioni di Berlusconi su Eluana «che potrebbe ancora avere figli», il conflitto di coscienza e il monopolio del dolore. Il regista emiliano ha il grande pregio di non costruire un film a tesi, per difendere una posizione e criticarne un’altra, non si schiera anche se le sue idee filtrano tra le pieghe della scrittura. Rispetta e non giudica: né i sostenitori dell’eutanasia né i fedeli che in quei giorni si radunavano in preghiera per Eluana. Non provoca attaccando a testa bassa ma solleva delle domande, come gli autori di cinema dovrebbero fare. Non fa mancare aspre critiche ad esempio al panorama politico nazionale, che è guardato comunque con un occhio dolente più che arrabbiato, e resta piuttosto lineare e chiaro nel suo discorso, senza astrarre come la sua cifra stilistica abituale poteva far immaginare alla vigilia. Purtroppo però le sue storie, per quanto complesse, non riescono ad acquistare la forza necessaria per emergere rispetto alla vicenda che dovrebbe restare sullo sfondo, quella di Eluana, che invece con il passare dei minuti e alla fine torna ad essere centrale, concentrando ancora l’attenzione dello spettatore.
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