Beatles: Get Back
SIAMO SERIAL: immagini originali e una colonna sonora immortale per raccontare i “Fab Four”
È il 1969, Paul McCartney sta aspettando John Lennon in studio perché è in ritardo e così, dal nulla, inizia a creare “Get Back”. Se pensate che sui Beatles sia stato già detto e scritto tutto, vi sbagliate. E mentre in Italia non si fa altro che parlare di The Ferragnez (la serie tv con protagonisti Chiara Ferragni e Fedez), su Disney+ spopola una “chicca”, una miniserie che nessun fan o appassionato di musica dovrebbe perdersi. Si chiama The Beatles: Get Back ed è firmata dal premio Oscar Peter Jackson, regista de “Il Signore degli Anelli”, tra i maggiori incassi della storia del cinema.
Sono stati proprio i manager della Apple Corps, la società che gestisce tutti gli interessi creativi e commerciali dei Beatles, a convocare a Londra Peter Jackson, impressionati dai suoi primi lavori di restauro riguardanti i filmati d’archivio della prima guerra mondiale per The shall not grow old, documentario del 2018. A disposizione c’erano numerose bobine di filmati inediti delle Get Back Sessions, le sessioni in studio che i Fab 4 avevano realizzato per il leggendario album “Let It Be”. La pellicola mostra la pianificazione del primo concerto dal vivo dopo tre anni di stop e il famosissimo concerto sul tetto.
Un lavoro certosino, quello di Jackson, solo il montaggio ha richiesto 4 anni di impegno. Ecco quindi i Fab 4 senza filtri, in un momento in cui George Harrison desiderava abbandonare il gruppo mentre la costante presenza di Yoko Ono infastidiva la band. Eppure, nonostante questo, l’alchimia dei Beatles emerge in tutta la sua potenza. A spiegare il valore di questa docuserie in tre puntate è proprio il regista: «Con la voglia di precisione che volevo mostrare il contesto. Non si può isolare un momento e lasciarlo alla libera interpretazione di chi lo guarda. Durante il lockdown a causa del Covid-19, con i cinema chiusi, ho finito con l’avere molto più tempo a disposizione per affinare il materiale e perfezionare la storia che volevo raccontare. Ho allora capito che la narrazione non poteva essere breve: la pandemia ha finito così con il trasformare le iniziali 2 ore e mezza in più di sei ore». Un lasso di tempo che però ha dato i suoi frutti: «Ho potuto offrire uno sguardo ancora più approfondito sul modo in cui i Beatles hanno fatto la loro musica. La docuserie è un’occasione per vedere non solo il loro lavoro ma anche per osservare il calore genuino e il cameratismo dei quattro iconici componenti del gruppo. Non è stato aggiunto o modificato nulla. È tutto autenticamente genuino, vero, reale: sono John, Paul, George e Ringo senza maschere».
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