La vita del supereroe, è noto, è difficile, piena di problemi che più umani non potrebbero essere: dubbi, conflitti interiori… Significa convivere con una pesantissima eredità: è difficile e noioso «anche starsene in pensione a giocare a golf se poi non si riesce a mancare nessuna delle 18 buche del campo» centrate in un colpo solo… Poi c’è il problema dei problemi: il super-problema della responsabilità che da sempre aleggia sopra le teste di questi eroi. Il dovere di mettere a frutto il dono ricevuto per il bene comune, per una causa. E qui si arriva alla “civil war”, allo scontro supremo, al “tutti contro tutti” di questo nuovo capitolo della saga Marvel tratto dal fumetto (riveduto e corretto) firmato da Mark Millar e pubblicato una decina di anni fa. Le Nazioni Unite - dopo una recrudescenza di attentati e un aumento dei “danni collaterali” conseguenza dell’interventismo degli Avengers - chiedono di firmare un accordo che limiti la libertà di azione del gruppo; un imperativo che mette su opposti fronti le due guide spirituali e di fatto divide la super-formazione: Tony Stark-Iron Man da una parte e Steve Rogers-Capitan America dall’altra, con relativi fedelissimi al seguito.
Questa è storia nota per i fan della serie ed è il cuore della vicenda a cui arriva Capitan America: Civil war dopo un prologo a dir la verità un po’ faticoso, necessario però per riprendere i tanti fili aperti di un discorso lunghissimo (questo terzo Capitan America è di fatto anche il quarto Iron Man e il terzo della squadra Avengers al completo…). Eroi o vigilanti? O addirittura pericolosi criminali senza freni, incapaci di controllare i danni causati. «Continuare a giocare ai salvatori senza mettere un freno all’azione ci mette sullo stesso piano dei cattivi» è il dubbio sempre più umano che si innesta nella mente del gruppo, mentre i conflitti attorno diventano sempre più verosimili e legati all’attualità.
La sceneggiatura di Christopher Markus e Stephen McFeely e la regia di Anthony e Joe Russo (che già avevano firmato il precedente The winter soldier) cercano di tenere ordine nonostante l’affollamento di scontri e di personaggi introdotti dalla storia. L’assenza di Thor e Hulk è “compensata” ad esempio dall’ingresso in scena di Pantera nera prima e di Spider Man poi, portando a 6 contro 6 il numero eccezionale delle forze in campo. E se fino a un certo punto mancano l’alone epico dello scontro finale e una certa chiave di ironia indispensabile, è proprio con l’arrivo di Spider Man (e di Ant-Man) che le cose cambiano (e diventa evidente una certa fatica a mantenere l’equilibrio tra la prima parte e tutto il resto, con il realismo dichiarato degli attentati che richiamano l’attualità che si stempera e si trasforma nel secondo atto).
Insomma quando si ritrovano tutti a sfidarsi senza regole e senza esclusione di colpi come nel campetto di calcio di quando eravamo ragazzi è un piacere per gli occhi e per lo spirito. Un po’ come in un incontro di wrestling “fingono” di darsele di santa ragione, fin quando la faccenda diventa invece drammaticamente seria e tornano a galla le ombre e le verità del passato che scavano davvero un solco profondo tra Capitan America e Iron Man. A quel punto sarà difficile tornare indietro e anche lo spettatore sarà costretto a guardare, a valutare bene se ha fatto la scelta corretta, se si è messo dalla parte giusta o da quella sbagliata della barricata. A quel punto sarà chiaro che non è mai stato un “gioco” e che gli argomenti messi in campo sono serissimi, affrontati anche scavando il giusto, regalando sfumature e profondità ai personaggi. Così è sempre stato quando si è trattato di vedere (e parlare) della saga Marvel e così ancora sarà, dato che la cosiddetta “fase 3” è appena iniziata con questo film. E una “fase 4” è ovviamente già in cantiere… basta restare seduti in sala durante i titoli di coda per iniziare a scoprire in quale direzione andrà.
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