Quello che ti colpiva immediatamente, parlando con lei, era la sua meravigliosa semplicità, che si manifestava sia nel modo di porgersi, diretto, sorridente, senza niente di forzato né di formale, sia quando parlava e scriveva di argomenti complessi e profondi mettendoli alla portata di tutti senza mai banalizzarli. La personalità di Zaira Zuffetti, detta “Cicci”, scomparsa venerdì sera a 69 anni per una malattia, ha segnato a fondo la vita culturale di Lodi, sempre con la leggerezza e il garbo che le erano propri, nei diversi settori dei quali si è interessata con passione. I funerali si sono tenuti lunedì mattina 9 nella chiesa di San Lorenzo. «Era una persona straordinaria – dice di lei Andrea Ferrari – ho collaborato spesso con lei come amministratore locale, trovandola sempre disponibile. Non smetteva mai di essere curiosa, e questo ha reso il suo contributo veramente unico. Lodi ha perso una persona che amava la città e che non ha mai smesso di cercare in tutti i modi di valorizzarne gli aspetti culturali».
L’originalità del suo sguardo di storica dell’arte resta nella serie di eleganti volumi scritti per l’editrice milanese Áncora, dedicati a diversi temi dell’arte sacra; tra gli ultimi, quello sul tema iconografico così toccante, e a lei così vicino, della Mater Dolorosa, in cui la profondità dello studio si vede nella sensibilità dell’indagine non solo tecnica, ma psicologica delle diverse rappresentazioni di questo tema nell’arte di tutti i tempi. Un altro volume l’aveva dedicato a una figura più umbratile, come quella di San Giuseppe, del quale l’autrice lodigiana aveva colto la modernità e il mistero: la sua indagine era partita dall’osservazione che Giuseppe nei Vangeli non parla mai; e appunto il silenzio era il filo conduttore del bel libro su questo personaggio. Un settore della sua attività editoriale al quale teneva molto era quello dedicato ai bambini: attraverso piccole storie in versi aveva raccontato la bellezza dell’arte, quella dell’ambiente, la storia della città. «Scrivere libri per bambini – diceva Zuffetti – è un’attività che nasce come fatto privato, risale alle filastrocche che creavo quando i miei figli erano piccoli per divertirli e per intrattenerli».
Un’altra sua passione era la grafica d’arte: «Tra noi – dice Gianmaria Bellocchio, presidente dell’associazione Monsignor Quartieri – si era creato un legame profondo, nato dalla condivisione di un progetto portato avanti insieme, quello delle Carte d’arte; era diventata la voce narrante di questo nostro percorso sulla grafica d’arte; era sempre generosa di suggerimenti e osservazioni preziose. L’edizione di quest’anno delle Carte d’arte sarà dedicata a lei».
Il suo impegno per la tutela del patrimonio artistico, che risale alla fondazione della sezione lodigiana del Fondo Ambientale Italiano (Fai) è ricordata da Angelo Bertini: «Ricordo in particolare i volumetti dedicati ai bambini pubblicati per il Fai, e le sue lezioni di storia dell’arte, sempre di livello altissimo - dice il segretario lodigiano -. Il Fai lodigiano si era costituito, oltre vent’anni fa, all’interno di un gruppo di amici, e quindi il rapporto con lei andava oltre la collaborazione professionale: era una grande amica, una persona squisita dal punto di vista umano»; e qui la commozione non lo lascia proseguire.
Tra i riconoscimenti alla sua attività culturale va segnalata la vittoria nella prima edizione del premio Barbarossa, nel 2008, di cui la motivazione riassume efficacemente la personalità di Zaira Zuffetti: «Profonda conoscitrice della castigata bellezza di chiese, abbazie, castelli, edicole, cascine del territorio. Un critico d’arte che si è imposto, con opere di raffinata sensibilità, a livello nazionale. Informata, curiosa, geniale, documentata, ispirata. Una ricercatrice aperta alla sorpresa che, con una scrittura scintillante e levigata, ci dà l’anima profonda delle cose. “La bellezza salverà il mondo”. E un’artigiana della penna ci sta aiutando a salvare il Lodigiano».
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