I cimiteri non sono solo luoghi da visitare (questo è il periodo dell’anno in cui sono più frequentati) per tener viva la “corrispondenza d’amorosi sensi” tra vivi e morti, ma vanno considerati come testimonianze architettoniche e artistiche di una città e di un territorio. Questo è il presupposto della ricerca sul Cimitero Maggiore di Lodi condotta da tre giovani laureande in architettura al Politecnico di Milano: una ricerca confluita in una mostra, che resterà aperta fino al 5 novembre nel chiostro dell’Archivio storico di Lodi, e nel convegno che l’ha inaugurata sabato scorso con gli interventi delle tre ricercatrici (Sandra Maglio, Marianna Rossi e Martina Varoli), dei loro docenti del Politecnico, Vittorio Giola e Luciano Roncai e della storica dell’arte Anna Còccioli Mastroviti. Ferruccio Pallavera, direttore del «Cittadino», che coordinava gli interventi, ha sottolineato la fruttuosa collaborazione tra le diverse istituzioni (università, comune di Lodi, personale dell’Archivio storico) che ha permesso di costruire un progetto di ricerca importante su un monumento significativo della nostra storia locale.
Una breve analisi storica del valore sociale e culturale dei cimiteri negli ultimi due secoli è stata tracciata da Luciano Roncai, che ha sottolineato come, dopo l’emarginazione del culto dei morti attuata sotto Giuseppe II e poi in età napoleonica, i cimiteri ricominciarono ad essere luoghi della memoria dopo il primo ventennio dell’Ottocento. E la prima grande democratizzazione della morte coincise con l’invenzione della fotografia, che rendeva possibile a tutti avere una propria immagine sulla tomba, per istituire un legame di continuità con i vivi. Quanto alla città di Lodi, la prima idea di costruire un nuovo cimitero risale agli anni successivi all’Unità d’Italia, ma fu solo nel 1891 che venne completata la realizzazione progettata dall’architetto milanese Formenti, in uno stile medievaleggiante che assecondava il gusto dell’epoca. Le tre studiose hanno poi illustrato le fasi del loro lavoro: dal rilievo iniziale, si è proceduto a realizzare elaborati grafici (ora esposti in mostra insieme alle foto scattate per documentare il lavoro), concentrando l’attenzione sulla struttura esterna (per esempio la cancellata in ferro del Mazzucotelli) e su due monumenti funebri significativi, tra quelli che la borghesia abbiente dell’epoca commissionò agli artisti locali. La storica dell’arte Anna Còccioli ha ribadito infine che il cimitero di Lodi non si può definire come realtà architettonica minore, ma è veramente un compendio di diverse arti. Il lavoro delle tre studiose, condotto con grande rigore di metodo, ha portato alla luce una realtà di notevole complessità storico-artistica: un’indagine sui cimiteri permette uno sguardo d’insieme sui gusti di un’epoca e di una città.
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