Milano-Castellabbate andata e ritorno. E, speriamo, senza nuove partenze. I due amici Alberto e Mattia, l’Alberto e il Mattia perché spostati nel freddo milanese, si ritrovano e provano a ricomporre un’Italia divisa che, alla fine (a giudicare anche dalle reazioni in sala), resta più diversa e separata di quanto si possa immaginare. Ecco Benvenuti al Nord, una manciata di mesi dopo il successo del primo “al Sud”, seconda puntata di una mini-saga che nemmeno i francesi (che avevano scritto l’originale) hanno tentato. Questa insomma è la storia del seguito di un remake, un terzo figlio nato in fretta e furia per tenere fresco il ricordo dei precedenti e cavalcare ancora un po’ gli incassi fin dove si può. Non molto più in là, a dire il vero. Basta la sequenza iniziale per capire che le atmosfere del film precedente saranno difficili da ritrovare, per non parlare di quelle dell’originale francese che è meglio dimenticare in fretta. Insomma Alberto e Mattia sono in crisi, a ottocento chilometri di distanza. Uno tornato al Nord e diventato schiavo del lavoro, l’altro mollato dalla moglie perché eterno bamboccione inaffidabile. Succederà quindi che Mattia verrà trasferito a Milano, dove potrà dare finalmente dimostrazione della sua maturità, aiutato dalle opportunità offerte dal laborioso Nord e dall’amico ritrovato.
Un film comico, certo, che in realtà però, con la scusa della risata, finisce per inerpicarsi su un terreno pericolosissimo e assai scivoloso. Nel suo semplificare all’estremo rischia infatti non solo la banalità (e sarebbe niente) ma a tratti anche una certa, sottile, volgarità. E che insistendo sugli stereotipi (ancora una volta il disagio del ragazzo del Sud che va a sbattere contro un palo in strada perchè vede una bella ragazza, le incomprensioni sul dialetto con il milanese scambiato per cinese o il sushi per cucina tipica lombarda, il mastino napoletano con la maglia dell’Inter che fa fare un salto indietro negli anni ai film di Pozzetto) ottiene il risultato contrario e invece di far incrinare i luoghi comuni finisce per sostenerli una volta di più.
Benvenuti al Nord è diverso anche rispetto ai precedenti, dove il paesaggio raccontato era parte fondamentale della storia, elemento principale anzi: Castellabbate e ancora di più Nord-Pas de Calais con i tic linguistici e le caratterizzazioni degli abitanti del luogo. Qui Milano quasi non si vede, e gli altri ambienti in cui è stato girato il film (Lodi per esempio) non sono identificati, compongono un generico Nord e non diventano mai protagonisti. Non si va insomma al di là della nebbia, del milanese che si muove sempre di corsa e che fa «l’ape» e ha l’agenda costantemente piena di impegni. Per non parlare dell’azzardo di voler rifare lo sbarco di Totò e Peppino a Milano con un’enorme moka per il caffè al posto di colbacco e pellicciona (ma anche i bravi Giacomo Rizzo, Nando Paone e Nunzia Schiano sembrano non crederci troppo…). Le risate ci sono qua e là, ad esempio quando trova un po’ di spazio Alessandro Siani mentre Claudio Bisio sembra davvero chiuso in gabbia: tutto comunque ha sempre ritmi da sketch televisivo e fa l’occhiolino a quel pubblico. Probabilmente anche la scelta del cambio di sceneggiatore e la rinuncia a Massimo Gaudioso si fa sentire. Alla fine il regista Luca Miniero individua negli alpini i «terroni» del Settentrione, e la polentata il desco attorno a cui far sedere tutti quanti, per appianare le differenze, ridurre le distanze, mischiando tutto in un unico grande calderone: Nord, Sud, calcio, politica, affetti, lavoro, dialetti e canzoni. In fondo basta una spruzzata di neve per far spalancare ancora gli occhi stupiti e far dire a un napoletano: «Ma allora è bello anche il Nord…». Come fosse un marziano...
PRIMA VISIONE - Milano-Castellabbate andata e ritorno. E, speriamo, senza nuove partenze. I due amici Alberto e Mattia, l’Alberto e il Mattia perché spostati nel freddo milanese, si ritrovano e provano ...
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