Da S. Giuliano sulle tracce di Goethe
Immagini, parole e sensazioni raccolte in un mese, ripercorrendo
le tappe del tour nel Belpaese che lo scrittore affrontò nel 1786,
sono finiti subito online e presto diventeranno anche un libro
Cos’avrebbe pensato Goethe, catapultato nella sagra del melone di Massanzago piuttosto che in quella dello stoccafisso a Cittanova? In provincia di Pordenone la prima, «un campetto, meloni e salamelle, musica live, discreta partecipazione», in piena Calabria la seconda, «una cittadina tirata a festa, strade invase di gente, festoni e luminarie da tutte le parti, due ore di fila per mangiare e famiglie arrivate da tutto il circondario». Un condensato di peculiarità culturali riassunte in uno dei tanti aneddoti di chi l’Italia, quest’estate, ha deciso di esplorarla in lungo e in largo, con un’illustre mentore teutonico a far da guida e una palla rossa per mascotte. I sangiulianesi Davide Polimeni, Sebastian Emidi, Miguel Baidal e Oliviero Candido, neanche 80 anni in quattro, nell’ultimo mese hanno seguito le orme del celebre scrittore romantico, ripercorrendo le tappe del tour del Belpaese che Goethe affrontò nel 1786 per poi descriverlo nel Viaggio in Italia pubblicato trent’anni dopo.
A Venezia con il governatore Zaia
Partiti in quattro il 18 luglio, sono tornati in tre questa domenica, dopo un mese esatto. Motivi personali hanno spinto un membro del quartetto al rientro anticipato. Alle spalle dei tre, 5.500 chilometri percorsi in macchina tra Bolzano e la Sicilia e decine di foto e post condivisi sulla pagina facebook “Smoppy, viaggio in Italia con Goethe”. Una raccolta di spunti che nel 2014 sarà rielaborata sotto forma di libro, «probabilmente in forma diaristica, con l’obiettivo di dare rilievo al confronto con il diario goethiano, puntualizzando come il patrimonio artistico italiano è valorizzato e in cosa si può migliorare» spiega Davide Polimeni, già un romanzo all’attivo, gli occhi che brillano nel descrivere un’Italia che è «troppo, sotto tutti i punti di vista. Nei momenti di pausa non riuscivamo neanche a parlarne, capire come esporre quanto visto. Troppe cose da vedere, troppa arte, troppe bellezze». Partiti dal Trentino, la comitiva ha visitato Verona, Padova, Venezia. Poi l’Emilia Romagna, tra Ferrara e Bologna, per scoprire «un cambiamento cromatico dell’architettura, dal rosso verso il giallo, e un calore diverso». Hanno inanellato Firenze, «il Rinascimento» e un’Umbria in cui passeggiare per Perugia ha i contorni di «un ritorno al Medioevo». Poi Roma, la capitale «stupenda, impossibile da categorizzare» ha lasciato il posto a una Napoli che evoca «contraddizione e confusione. Anche delusione: quella provata in piazza Plebiscito, vuota e imbrattata». Infine la Sicilia, «una terra splendida che invita alla scoperta», e la conclusione del tragitto in quel di Palermo, «città di odori, dal profumo del pane alla puzza di rifiuti». Un tour de force massacrante, fatto di sveglie alle 6 del mattino e una quindicina di chilometri percorsi quotidianamente sotto il sole a picco, per raggiungere la consapevolezza che «la differenza tra nord e sud, a livello di tutela dei beni artistici, è innegabile - conclude Davide -: lo vedi nelle piccole cose, ma anche nelle grandi strutture. Basti pensare che all’ingresso degli scavi di Pompei c’è un cartello che avverte di stare attenti ai cani randagi...». Simbolo di un’Italia troppo bella per non essere almeno un poco masochista, di un Belpaese che a conti fatti «dalle descrizioni di Goethe è cambiato proprio poco».
Riccardo Schiavo