D’Avenia, giovanissimi in tripudio

«Siete diversi l’uno dall’altro: ognuno di voi è unico. Sul mondo sono passati 80miliardi di persone e nessuno ha le impronte digitali uguali a un altro: è perché ognuno deve lasciare un’impronta unica»

Nell’Italia del 21esimo secolo, vedere un auditorium pieno per la conferenza di uno scrittore è un evento più unico che raro. Alessandro D’Avenia, d’altronde, è un autore che ha sfidato anche la crisi dell’editoria, dando vita al best seller Bianca come il latte, rossa come il sangue (Mondadori), che ha trovato il plauso di un pubblico variegato. Alla serata organizzata dall’associazione AttivaMente all’Auditorium Bpl, venerdì, è stato invece incredibile constatare come la stragrande maggioranza dei presenti, circa ottocento, erano ragazzi. Il giovane scrittore è in grado di rimanere sul palco da solo e parlare per ore raccontando aneddoti e storie, facendo battute e scatenando risate, ma il segreto del suo successo è un altro: è la capacità di comunicare ai giovani la verità più grande, che sta alla base delle sofferenze dell’adolescenza e nel contempo ne è la soluzione. «Siete diversi l’uno dall’altro: ognuno di voi è unico - ha detto D’Avenia -. Sul mondo sono passate ottanta miliardi di persone, e nessuno ha le impronte digitali uguali a un altro: è perché ognuno deve lasciare nel mondo un’impronta unica». Quest’impronta inizia a delinearsi proprio nell’adolescenza, che secondo lo scrittore è una benedizione, è il momento in cui si entra in contatto con il mondo, si scoprono i propri limiti e, nei propri limiti, la propria vocazione: «Si acquisisce la consapevolezza di essere un seme di rosa, destinato a un grande avvenire. Un seme che noi adulti spesso calpestiamo» ha detto con amarezza. C’è quindi un momento in cui il ragazzo inizia a scoprire la propria unicità e a scrivere il proprio copione, a crearsi anche un’intimità che non comprende i genitori: «È normale che i genitori soffrano, ma non devono smettere di coltivare questa vocazione con la creatività che l’amore sa dare».

Tra un consiglio e una riflessione, una poesia e un mito, D’Avenia ha raccontato dei suoi genitori e degli altri grandi maestri della sua vita: dal professore che gli prestò il proprio libro preferito, e gli fece capire che sarebbe diventato insegnante, fino a don Giuseppe Puglisi, suo professore di religione a Palermo: «Lui mi fece capire, invece, il modo con cui avrei dovuto fare l’insegnante: dedicando alle persone tutto il tempo di cui avevano bisogno». Il giovane di 36 anni che stava sul palco, infatti, prima di essere scrittore è appassionato professore delle scuole superiori. «Fare il professore è un mestiere impagabile, è la mia vocazione» ha detto, e ha dato anche qualche idea agli insegnanti presenti: «Ripeto sempre che la bellezza salverà il mondo; noi professori certe volte ne abbiamo paura, e invece dovremmo lasciarla parlare». Come esempio ha portato l’Odissea: «È il testo più importante della letteratura occidentale. Leggiamolo in classe per intero, e non a brani. E così anche i Promessi sposi: con le antologie e le analisi del testo siamo riusciti a far tacere la bellezza di un grande romanzo». D’Avenia, che al termine della serata ha ricevuto il premio “AttivaMente 2014”, ha offerto un’infinità di spunti di riflessione su come vivere un’età importante della vita, e ai più grandi ha ricordato che vale la pena di essere sempre un po’ adolescenti: «L’adolescenza è il momento in cui non ci accontentiamo del mondo e vogliamo cambiare quello che non va. Non si tratta di fare il Peter Pan, ma di un atteggiamento che è bene conservare anche da adulti».

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