Destini in fiamme

SIAMO SERIAL: la miniserie francese in costume che ha conquistato per la sua modernità

Il titolo tradotto in italiano sembra quello di una soap opera, solo che Destini in fiamme non lo è. Le Bazar de la Charité, questo il nome originale della miniserie francese in costume, è una storia in otto puntate dall’impronta decisamente femminista. Il punto di partenza è l’incendio che nella Parigi del 1897 distrusse Le Bazar de la Charité, luogo frequentato dall’alta borghesia, tuttavia il racconto si concentra subito sulla condizione femminile alla fine del XIX secolo, senza rinunciare a un linguaggio moderno. E lo fa seguendo la vita di tre donne coinvolte in modo diverse dal rogo: Adrienne (Audrey Fleurot), la quale cerca di fuggire lontano da un marito violento che non ama più; sua nipote Alice (Camille Lou), costretta a sposare un uomo per motivi economici, salvando così la famiglia dal lastrico; Rose (Julie de Bona), la domestica di Alice, rimasta gravemente ferita dalle fiamme.

Ideata e scritta da Catherine Ramberg e Karin Spreuzkouski, la miniserie è diretta da Alexandre Laurent (La Mante) ed è subito balzata agli onori della cronaca per la sua gigantesca produzione: più di 3000 comparse, 200 carrozze, 1500 costumi, alcuni autentici, e un budget di 2 milioni di euro a episodio.

La prima puntata è quella in cui si verifica l’incendio, la sequenza più importante della serie tv, studiata con l’obiettivo di creare angoscia negli spettatori. Girata in studio nell’arco di dieci giorni, parte mostrando il fuoco da lontano, per poi divampare tutto attorno alle eroine: è attraverso i loro occhi che assistiamo all’orrore, con un costante senso di soffocamento. Per rendere l’effetto più reale, la produzione ha utilizzato del fuoco reale e fiamme digitali, aggiunte successivamente.

A lasciare attoniti, però, è soprattutto l’atteggiamento dei cosiddetti gentiluomini, che per mettersi in salvo hanno fisicamente calpestato le donne, picchiandole per farsi strada verso l’uscita del locale. Gli abiti voluminosi, i corpetti, i pizzi e i merletti le hanno purtroppo imprigionate tra le fiamme. Alice tenterà di raccontare la verità, ma la sua parola sarà messa in dubbio persino dai genitori.

Una curiosità è legata alla difficoltà di riconoscere i numerosi corpi carbonizzati, per la prima volta la polizia si rivolse ai dentisti per l’identificazione. A quel tempo ricorrere al dentista era un lusso, diversi cadaveri furono riconosciuti grazie a questo sistema. A partire da questo incendio, così ha spiegato lo storico Bruno Fuligni in un libro dedicato al Bazar, si utilizza l’odontoiatria forense nelle tragedie con molte vittime.

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