Diluca trasforma la città in un museo a cielo aperto
Nel fine settimana l’inaugurazione della grande installazione in cinque diversi luoghi di Lodi
E se fosse questa una delle chiavi per avvicinare i lodigiani al mondo mutevole e mutante dell’arte contemporanea, che ancora stenta a catturarli? Quella dell’accostamento tra il valore di una produzione del nostro tempo, e il passato della città nelle sue ricchezze storico-artistiche? Centocinquanta sculture in ferro disseminate in cinque sedi, sono da sabato impegnate in un connubio che al valore delle opere aggiunge quello del loro dialogo con il luogo ospitante. Cinque mostre differenti, tenute insieme dal linguaggio dell’autore protagonista unico, il milanese Francesco Diluca, e dal suo intendimento di trasformare gli spazi nei “Giardini” del titolo della mostra: metafora dell’indagine sull’uomo, considerato nel suo rapporto con la natura, e di convivenza armoniosa nella pluralità. Organizzata dall’amministrazione comunale, l’iniziativa giunta a compimento grazie alla perseveranza dell’artista e alla generosità degli sponsor ha avuto ragione delle difficoltà incontrate lungo la gestazione, per presentarsi in una formula pressochè inedita per Lodi che ha tutti i requisiti per richiamare i visitatori, ben oltre l’ambito territoriale. Il Museo Gorini è punto di partenza dell’itinerario espositivo che consente di riscoprire anche spazi abitualmente chiusi, in primis la “Biblioteca delle erbe” da cui muove idealmente il percorso. Qui, attraverso cinque installazioni coinvolgenti quasi un centinaio di opere in una “polvere del tempo” fisicamente palpabile, Diluca pone in dialogo con le ricerche del Gorini la sua indagine sull’anatomia e sull’uomo. Il chiostro quattrocentesco dell’Ospedale Vecchio, il buio, il silenzio emozionato e assoluto del pubblico davanti al fuoco che ha consumato lentamente i due grandi corpi, uno maschile e uno femminile in sottilissimo filato di ferro, in un moto alchemico evocante la circolarità della vita da cui emergono opere nuove e diverse, ora visibili nella chiesa di Santa Chiara Nuova: questa la coinvolgente performance di Diluca che in serata ha concluso la giornata inaugurale.
Prima, al momento ufficiale di apertura aveva fatto seguito il viaggio inconsueto degli intervenuti che tutti insieme, guidati dalla storica dell’arte Angela Madesani curatrice delle mostre, hanno percorso il centro cittadino alla scoperta delle opere, raggiungendo il teatro alle Vigne dove le nicchie della facciata secentesca ospitano due sculture e poi la Sala dei Filippini presso la Biblioteca Laudense, tra i preziosi manoscritti e incunaboli con i quali dialoga “Memento”, la grande figura fatta di libri pietrificati. Quindi il forte impatto con l’ex chiesa dell’Angelo, nella luminosissima veste rinnovata che accoglie 45 figure a grandezza naturale, esseri nati da metamorfosi originanti visioni antropomorfe e fitomorfe. Un esercito di personaggi che ci guardano muti, ha osservato Madesani, sradicandosi dal “terreno” composto dal fitto strato di sale, e rivestendosi di foglie, memoria del nostro essere: anche noi siamo rami. Le mostre sono visitabili anche online, con l’accesso al sito www.francescodiluca.com che consente di “camminare” virtualmente tra le opere nelle diverse sedi, e di vedere il video promozionale con la loro ambientazione negli spazi dell’ex Linificio che, è ufficiale, diventerà la nuova sede del Museo.
Francesco Diluca. “Giardini”: Lodi, Museo Anatomico Paolo Gorini, Santa Chiara Nuova, Sala dei Filippini, ex chiesa dell’Angelo, Teatro alle Vigne. Orari: da martedì a venerdì 15-19; sabato e domenica 10-19 (al Museo Gorini mercoledì 10-12; sabato 9,30-12,30 e domenica 14,30-16,30)
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