“È stata la mano di Dio”, l’omaggio di Sorrentino a Napoli, famiglia e cinema

Il nostro inviato alla Mostra del cinema racconta i temi di una toccante pellicola accolta dagli applausi a scena aperta della sala

«La realtà è scadente» e solo il cinema la può raccontare. Colorandola con la sua luce, i campi lunghi, le soggettive sui volti, pescando tra ricordi veri o raccontati, leggende, memoria personale e di una città intera. Paolo Sorrentino e la sua personalissima “grande bellezza”, Napoli, la giovinezza, le speranze, il dramma, il racconto di quello che è stato e di ciò che avrebbe potuto essere:

“È stata la mano di Dio” è un racconto intimo e allo stesso tempo uno smisurato atto d’amore del regista verso le sue origini, verso la famiglia e la sua città, il film con cui si mette a nudo e si presenta (in concorso) alla 78esima Mostra del cinema con un carico di aspettative che il primo confronto con la sala ha già provveduto a confermare.

«Ho fatto quello che ho potuto. Non credo d’essere andato così male»: la citazione è di Diego Armando Maradona e apre il film che attorno a quella “mano venuta dal cielo” (il gol realizzato dal campione argentino contro l’Inghilterra ai Mondiali del 1986) fa ruotare tutta la vicenda. Sorrentino parla di sé e della sua famiglia, utilizzando nomi di fantasia, ma mettendo di suo biografia, dramma (la morte dei genitori) e racconto, con una sorta di realismo magico che ammanta la memoria fatta di pranzi in campagna, parenti, gite al mare, vicini di casa, incontri fugaci e passaggi indelebili. Il padre funzionario di banca, l’amore per la madre, la stanza da ragazzi divisa con il fratello, e poi il gozzo al mare dello zio e la tavolata fatta di cugini improbabili e nonne senza età. E attorno - e sopra tutto - Napoli a metà degli anni Ottanta che sogna il riscatto immaginando l’arrivo di Maradona. Quindi la firma di Diego, e quel sogno di gloria che si realizza e si spezza nello stesso istante. La fine dell’età dell’innocenza e il cinema speranza di salvezza e di futuro.

Sorrentino mette le facce, i ricordi, le favole popolari e mischia tutto quando restituendo un ritratto che emoziona e commuove quando dal campo lungo sul golfo di Napoli stringe sulla piazzetta dell’infanzia o sulle poltrone del teatrino dei primi spettacoli visti. «Possibile che questa città non ti faccia venire niente da raccontare» lo incalza Antonio Capuano, il regista a cui rivolge un altro dei ricordi più affettuosi. Devi restare qui e raccontare casa tua - gli dice. Quella casa a cui è tornato ora con “È stata la mano di Dio”, il film che chiude il cerchio proprio a Venezia che battezzò il suo esordio con “L’uomo in più”. Questo è stato, prima che tutto accadesse, sembra dire mentre chiude con quel lunghissimo primo piano sul volto del suo doppio ragazzo che sul treno lascia casa e immagina il futuro. Mentre resta nell’aria la citazione messa in bocca all’amato Fellini: «Il cinema non serve a niente. Però ti distrae: ti sembra poco?».n

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