Cultura
Mercoledì 17 Ottobre 2012
Falcone, il ricordo della sorella
Stasera a Lodi la prima conversazione d’autore
«La mia vita non vale un bottone della mia giacca, se non spesa per la giustizia» disse una volta Giovanni Falcone. Una frase che racchiude tutto il senso del dovere e l’amore per la legalità del magistrato palermitano, l’uomo che insieme a Paolo Borsellino sarebbe diventato la figura di riferimento della lotta alla mafia. Ma Falcone fu anche un «eroe solo», come lo definiscono la sorella Maria e la giornalista Francesca Barra, autrici dell’inedito ritratto che questa sera (ore 21, Sala Rivolta) aprirà “Conversazioni d’autore”, il ciclo di incontri con gli autori organizzato dall’assessorato alla cultura del Comune di Lodi in collaborazione con Libreria Sommaruga, Clam, associazione Fabularia e il sostegno della Banca Popolare di Lodi e Lgh. Da vent’anni, dopo la strage di Capaci del 23 maggio 1992 in cui Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifano vennero fatti saltare in aria con quasi mille chili di tritolo, Maria Falcone si dedica a mantenere viva la memoria del fratello con un inteso lavoro di educazione alla legalità, rivolto soprattutto ai giovani. E anche Giovanni Falcone - Un eroe solo, volume uscito quest’anno per le edizioni Rizzoli, si inserisce in questo percorso: 208 pagine in cui si raccontano la vita, gli studi, le passioni, ma anche gli sforzi e soprattutto le delusioni del magistrato, attraverso le parole della sorella e le testimonianze di tre colleghi e amici come Loris D’Ambrosio, Leonardo Guarnotta e Sergio Lari. «Mio fratello fu davvero un eroe solo, soprattutto perché fu il primo a parlare di mafia quando il fenomeno non era così conosciuto e quindi faceva ancora più paura all’opinione pubblica - racconta Maria Falcone, questa sera ospite a Lodi insieme a Francesca Barra -. Giovanni rimase isolato nella sua battaglia, molte persone che riteneva amici lo abbandonarono. Soltanto in famiglia trovava un po’ di distrazione. Io evitavo sempre di parlare di mafia per non disturbarlo, per regalargli qualche ora di serenità. Ma oggi me ne pento, perché avrei potuto capire di più di cosa stava accadendo in quel periodo». Solo dopo la sua morte, un terremoto immane che sconvolse l’Italia e la coscienza civile del Paese intero, le istituzioni iniziarono a trovare soluzioni per combattere la mafia con efficacia e senza tentennamenti adottando misure dure e approvando leggi che da tempo giacevano in Parlamento. E a vent’anni dalla sua scomparsa, Falcone continua a essere l’emblema della lotta alla mafia, un grande eroe italiano che ha cambiato la nostra storia a costo della propria vita: «Giovanni ha lasciato in eredità un messaggio forte - dice la sorella Maria -. Ma non solo il messaggio di un magistrato contro la mafia, ma quello di un uomo che seguiva la «religione del dovere» attraverso il senso di servizio allo Stato e l’amore per la democrazia».
Fabio Ravera
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