Cultura
Martedì 18 Giugno 2013
Flavio Carrera, memorie di un talento
Nell’esposizione alla Chiesa dell’Angelo organizzata dal suo gruppo e dall’associazione Pier Manca sia il percorso dell’artista che il ricordo di un amico
flavio carrera
L’arte è la vita
Sino al 22 giugno alla Chiesa dell’Angelo, via Fanfulla a Lodi. Orari: 10-12 e 16-19
Flavio Carrera torna alla Chiesa dell’Angelo, dove era stato nel giugno 2011 all’interno di una collettiva dedicata a Giacinto Facchetti. Oggi finalmente la sua personale, seppure postuma, dopo la tragica scomparsa a soli 28 anni, lo scorso novembre. Promotori dell’evento il gruppo artistico “Noi non abbiamo il dono dell’ubiquità” e l’associazione Pier Manca. Marco Mozzato, fondatore del gruppo lodigiano, precisa che la mostra ha l’intento di un incontro con l’amico e l’artista. Ripercorrerne lo sguardo, il pensiero, frammenti di un’identità artistica collettiva, senza dimenticarne il percorso personale. Un artista fuori dagli schemi per ricerca e visione, ma accademico per sapienza pittorica. Il contenuto creativo racchiude un’espressività autobiografica capace di suscitare emozioni e interrogativi forti. Stesi come un sudario bozzetti a matita, carboncino, sanguigna penna danno il benvenuto al visitatore.
L’uomo dei dolori ci accompagna alla soglia dell’altare attraverso una sequenza di tele che inchiodano l’attenzione per l’ inquieta voce interiore che comunicano. Il contenuto supera il contenitore là dove una catena attraversa il sagrato, metafora assoluta del vincolo. Qui si entra nell’azione dell’ubiquità. Appeso sta il foglio della «Nuova Ubiquità», dissacrante rivista contro ogni forma di uniformità culturale.
Oltre il sagrato il caos della sperimentazione. Diversi i linguaggi: fotografia, video arte, installazioni, poesia, e l’uso istantaneo dei “post it” da sempre utilizzati dal gruppo per comunicare con ironia mostre street style. In quest’area l’iconoclastia impera, e tutto viene sovvertito. Quindi frammenti di vita amicale, tavole fotografiche di preparazione. Autoritratti vivissimi. Ritagli di poesie, resti d’installazioni condivise con il gruppo, cartelli stradali irriverenti. Tutto viene digerito: il dolore, la gioia, gli amici, l’irriverenza, la mimica di gesti patiti. La cifra stilistica di osservare il mondo e la società s’ingarbuglia attraverso una fitta rete di semplice spago, su cui tutto viene caducamente appeso. Simbolo della costrizione e dell’instabilità della vita. Conclude la mostra il video di Marco Mozzato che fa luce tra la rete. Il sonoro è sostituito da ossessivi “bla bla” sottotitolati dove ogni tanto fa eco al silenzio assordante la parola arte. Sul fondo l’ultima opera di Flavio, la sola non presente in mostra. È il suo testamento spirituale: l’arte è vita, è bella, è sincera, l’unica che non l’ha tradito.
Flora Tumminello
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