Nelle pagine fitte della sua vita, ci sono anche la contestazione politica e la militanza in Democrazia Proletaria. Erano tempi in cui la ribellione - dopo un’infanzia passata all’oratorio - era cifra dell’esistenza per molti giovani come lui. «E non andare a messa era una forma di ribellione piuttosto comune..», racconta. Giacomino, come lo chiamano tutti e come è registrato all’anagrafe, oggi non è uno qualunque. Di cognome fa Poretti, è nato a Busto Garolfo nel 1956, ed è tra le voci più celebri della comicità, del teatro e del cinema nello Stivale. Come ha spesso detto, è il «33,3 per cento» del trio comico - nato per un incontro fortuito - , con CatAldo Baglio e Giovanni Storti; è autore, attore, oggi anche scrittore, ospite a Lodi lunedì sera per l’associazione AttivaMente. Nell’auditorium Bpl, Giacomo Poretti porterà il suo lavoro forse più personale, il libro dal titolo Alto come un vaso di gerani edito nel novembre 2012 da Mondadori. Una biografia semiseria di un provinciale, legnagnese, trapianto nella grande città, Milano, tra gli anni Sessanta e Settanta, ricca di emozioni, ricordi, aneddoti, risate e riflessioni sulla vita quotidiana. Un viaggio delicato, in cui il candore del suo sguardo infantile e acuto al tempo stesso, scevro di malizia, è lo strumento con cui maneggiare qualcosa di fragile e unico come i ricordi. Pagine che ripercorrono un cammino entusiasmante e ricco di svolte, partito in una famiglia di operai e all’oratorio, dove si appassiona al teatro. Il palco lo incontra prestissimo, tra gli 8 e gli 11 anni, quando comincia a recitare. Il suo obiettivo è cercare di entrare nella compagnia de I Legnanesi, senza mai riuscirci. Giacomino però non molla. Si dedica al cabaret e incontra la contestazione politica, diventando militante di Democrazia Proletaria, ma è solo una parentesi. La politica è la chimera di un momento, l’arte del palcoscenico è il sogno di una vita, un sogno che non muore nè quando inizia a lavorare in fabbrica come metalmeccanico nè quando diventa infermiere e presta la sua opera nelle corsie dell’Ospedale di Legnano. Milano è la meta della svolta, il luogo simbolo di quel sogno che diventa realtà. Da caposala si dimette e si trasferisce nella metropoli, nonostante «i miei credevano fossi matto, come tutte le persone che conoscevo». Perché «allora il posto fisso era la massima aspirazione per chiunque» e «io ero un caposala che si dimetteva: praticamente un pazzo». A Milano, però, Giacomino scopre che esiste la sua strada. Incontra Cat-Aldo Baglio e Giovanni Storti - all’epoca erano un duo, “La Carovana” - e debutta con loro nel 1991 al Caffè Teatro della frazione Verghera di Samarate, in provincia di Varese, con Galline vecchi fan buon brothers. Il resto è storia nota ai più, tra spettacoli teatrali, produzioni cinematografiche e sketch televisivi. Una storia in cui Giacomo ha anche reincontrato la fede, oggi tradotta anche in un impegno culturale assiduo al Centro San Fedele di Milano e in una rubrica, che ha tenuto per diverso tempo sul mensile missionario dei Gesuiti «Popoli» (che ha chiuso i battenti lo scorso dicembre) con il titolo “Scusate il disagio”.
Poretti, «il 33,3 per cento» del notissimo trio comico meneghino (come si definisce lui), ospite lunedì 2 marzo in città per gli incontri di AttivaMente.
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