I sentimenti “illegali” di Volo

Se libri e film sono mondi distanti, che solo in momenti di grazia arrivano a sfiorarsi, figuriamoci cinema e Rete. Internet e pellicola…

Ci prova ad avvicinarli Umberto Carteni che con Studio illegale sceglie di tradurre in immagini il romanzo omonimo di Federico Baccomo che con lo pseudonimo di “Duchesne” aveva firmato un blog ambientato nel mondo degli studi legali, storie di avvocati sull’orlo di una crisi di nervi e di identità, diventato popolarissimo tra gli addetti ai lavori per la maniera in cui sapeva raccontare (e mettere in ridicolo) dal di dentro questo universo, attraverso una cronaca vitale e carica di ironia.

Il film in pratica ripercorre in qualche maniera la strada fatta dall’autore stesso e racconta di Andrea Campi (Fabio Volo) avvocato in carriera che compie un cammino di “redenzione” e progressivamente si allontana dallo spietato sistema in cui inizialmente si trova incasellato per approdare a una dimensione più “umana” e meno cinica rispetto a quella di una categoria in cui pare dominare «per statuto» l’inganno e la ricerca della strada più breve per fregare il prossimo, sia esso l’avvocato della parte avversa o la propria fidanzata. Questo più o meno raccontava, in maniera assai brillante, il blog lanciato in Rete da Baccomo-Duchesne che, lasciato lo studio per cui lavorava nel 2007, aveva deciso di trovare una nuova via partendo proprio dalla “confessione” pubblica dei misfatti e delle nevrosi vissute da lui e dai colleghi.

Più o meno fa la stessa strada Campi che un certo giorno andando al lavoro si trova di fronte alla tragedia del collega di stanza che si suicida gettandosi dalla finestra: ecco che una molla scatta allora nella sua testa e che all’improvviso il mondo dello studio inizia ad apparirgli per quello che è, popolato da infelici o da folli macchiette come quella di Giuseppe Sobreroni (Ennio Fantastichini), il capo, spietato approfittatore, cinico e perennemente sopra le righe. L’incontro con Emilie (Zoe Felix), avvocato “avversario” in una causa, farà poi il resto, aprendogli anche un varco dalle parti del cuore, dove pensava di aver nascosto per sempre i propri sentimenti.

Ma se nel blog (e nel libro) erano il lavoro e i suoi spietati meccanismi a farla da protagonisti, in Studio illegale-il film tutto appare in qualche maniera “annacquato”, convenzionale, decisamente prevedibile. A cominciare da Fabio Volo che “fa” il Fabio Volo, o meglio quello che è stato fino ad ora al cinema. Esattamente come te lo aspetti: problematico, cinico ma senza esserne convinto, manager rampante ma in fondo bravo ragazzo pronto alla redenzione che scatterà, inevitabilmente, allo scoccare della scintilla d’amore. Il suo personaggio, come il resto della storia, è quasi privo di sfumature, così come la realtà che lo circonda, una Milano che va di corsa e che sta crescendo una sorta di “nuovi yuppies”, sempre connessi ma ancora in caccia di avventure galanti, rappresentata dal regista con fin troppo schematismo.

Il film parte con un tono che promette d’essere caustico, urticante, desideroso di mettere alla berlina lo “spietato” universo di questi professionisti, ma tutto quello che accade dopo è invece assai convenzionale. A partire dalla storia d’amore tra i due protagonisti, su cui si avvita la pellicola dopo poco. Così anche la cifra surreale che sembrava di vedere in avvio viene presto abbandonata, per uno svolgimento più semplice, che prosegue senza sorprendere e dimenticando anche quell’ironia che doveva essere l’indispensabile eredità del testo da cui tutto è nato.

PRIMA VISIONE Se libri e film sono mondi distanti, che solo in momenti di grazia arrivano a sfiorarsi, figuriamoci cinema e Rete. Internet e pellicola… Ci prova ad avvicinarli Umberto Carteni che con Studio illegale sceglie di tradurre in immagini il romanzo omonimo di Federico Baccomo

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