Ha passeggiato in via della Spiga a Milano in abiti sacerdotali, benedicendo i passanti e i residenti che non lo hanno riconosciuto, impersonificando la sua stessa opera Il saio non fa il frate. E ha portato con sé Arteviaggiando, i quadri “asportabili” che fanno parte della sua mostra, tutta realizzata in materiali di recupero, come le foglie che avvolgono le pannocchie. Perché lo scarto, per Angelo Frosio, tecnico caseario, artista e fondatore quarant’anni fa della Scuola d’Arte Bergognone, non esiste. E per la sua prima Personale a Milano, nell’anno di Expo, ha realizzato un’opera in omaggio a via della Spiga: una giostra bianca sulla quale semi e spighe di grano, chiodi e falce riproducono la vita. «Possiamo seminare odio, e allora cosa raccogliamo? Oppure possiamo seminare l’arte, e l’arte non è solo pittura - spiega mentre racconta di non aver dormito perché fissava versi di una poesia -. L’arte è amare, come diciamo alla Bergognone, l’arte sono i miliardi di cellule di cui siamo composti». Alle cellule, alla vita, è dedicata la maggiore creazione di Soul food, l’arte che nutre lo spirito, la mostra aperta da inizio luglio e fino al 12 settembre a Palazzo Garzanti, giusto in via della Spiga, sede dalla quale calato il sipario meneghino la stessa esposizione si trasferirà poi a Lodi. Sul fondo nero, blu e rosso delle tragedie del Novecento, Frosio ha sovrapposto i fiori di un antico lavoro a mano appartenente alla sua famiglia, sul quale a sua volta ha cucito ad uno ad uno i tappi di provette di laboratori di ogni parte del mondo. L’inno alla vita contenuto nelle microparticelle delle colture, così come nell’uomo. Una creazione di cinque mesi, da gennaio a maggio 2015, quella di La storia non è menzogna. I visitatori di questa mostra in perfetto spirito Expo? Soprattutto stranieri: solo il martedì pomeriggio, ce n’erano dal Belgio, da Londra e da New York. Incontrano l’artista o i suoi collaboratori, come Attilio Poli e Monia Suzzani, rispettivamente volontario e direttrice della Scuola d’Arte di Lodi. Scoprono in un video che Peggy Guggenheim nel 1978 definì Frosio «il più grande artista vivente». Magari partecipano dell’arte che evolve: come quando vengono girate, per la maturazione, le forme di grana che portano i nomi di Mantegna, Boccioni, Tiziano. «Allestire prati stabili dove poter far mungere: era la mia idea per Expo. Nessuno mi ha appoggiato, lo dico senza polemica. Ora ho in mente progetti che coinvolgeranno Lodi a livello internazionale. È stata la cultura casearia che mi ha permesso di girare il mondo. Il primo festival del tiramisù l’abbiamo fatto noi a Lodi. Ognuno può dare il proprio contributo per migliorare il mondo: anche questa è arte». Ed ecco il punto centrale: «Io voglio comunicare con tutti. Come fare? Attraverso l’arte. Il 5 settembre avremo un grande evento e distribuiremo scaglie di grana. È la mia arte che entra in te e diventa parte di te. L’arte che è anche spirito». “Soul food”, appunto.
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