Un festival “precario”. Pensato e realizzato in tempi di crisi «nonostante tutto», con i finanziamenti ridotti a zero. Per dimostrare che anche in momenti difficili si può fare cultura e allestire un festival del cinema che, naturalmente, deve avere caratteristiche e “formati” adatti. Questa è la sfida del Lodi Città Film Festival che non rinuncia ma rilancia, non si ferma ma torna sotto spoglie in parte modificate. Restando fedele però ai suoi principi ispiratori, presenti sin dalle origini. Lo spiega bene a voce e nella sua introduzione al programma di sala il direttore del festival Fabio Francione: «Il festival stava morendo per la mancanza totale di finanziamenti. Ma non abbiamo voluto mettere la parola fine a questa esperienza che dura da 14 anni ed è nato quindi il nostro festival “a 1000 euro”». La rassegna lodigiana, nata sulla spinta dell’esperienza del cineclub Tempi Moderni, ha preso quindi una strada nuova, ancora più snella, capace di interpretare e sfruttare i nuovi formati, per ridurre i costi e mantenere alta la qualità. Internet a braccetto con il 3D quindi, con la sala tradizionale sempre cuore pulsante: «Il web (che è uno degli “esperimenti di questa edizione, ndr) dà possibilità infinite – dice Francione – permette di realizzare retrospettive senza costi e allarga l’offerta del cinema tradizionale. Quest’anno sperimentiamo questa nuova formula aprendo una vera e propria sezione sul web (come anche l’ultima Mostra di Venezia ha fatto) dove ad esempio proporremo documenti e corti di Manoel de Oliveira, Michelangelo Antonioni, Gillo Pontecorvo e Sergio Zavoli». Tutti materiali che saranno disponibili all’indirizzo internet www.lodifilmfest.jimdo.com dove saranno via via “linkati” dalla direzione del festival. «In questa maniera recuperiamo anche la vocazione di “mostra d’arte”, allargando ulteriormente lo sguardo». Non a caso la “frase guida” scelta per questa edizione è «Un film, non sono le immagini» rubata al centenario maestro de Oliveira.
Confermata le sezione “Contemporanea” con due opere prime italiane da non perdere: Tutti i rumori del mare di Federico Brugia e L’estate di Giacomo di Alessandro Comodin, a cui si aggiunge Pina in 3D di Wenders («per aprirsi alla nuova dimensione...»). Poi ci sarà in prima visione, dopo l’anteprima veneziana, Convitto Falcone di Salvatore Scimeca, in cui recita anche l’attore lodigiano Salvatore Sclafani; e un importante omaggio ad Abel Ferrara con tre film («è la versione ridotta di una retrospettiva pensata più ampia che abbiamo dovuto contenere»). Così come non manchereanno le “Conversazioni” con i protagonisti: quest’anno toccherà a Sebastiano Filocamo, protagonista di Tutti i rumori del mare, a Paolo Bacilieri che è autore della “graphic novel” Sweet Salgari e a Oreste Pivetta, autore della biografia Franco Basaglia. Il dottore dei matti. «Questi due appuntamenti sembrano allontanarsi dal cinema ma in realtà portano al centro del discorso due personaggi fortemente “cinematografici”».
Insomma il festival 2012 doveva essere quello della svolta “internazionale”, come annunciato durante le passate edizioni. Sarà una svolta, ma in un’altra direzione, prima di riprendere la carreggiata magari su un percorso più agevole e “semplice” per quanto riguarda la parte dei finanziamenti esterni. «L’interesse è verso cinematografie in forte sviluppo, mentre sentiamo di aver esaurito in qualche modo in questi anni il discorso sul cinema italiano. Non ci fermeremo, continueremo a sperimentare, guardando oltre l’Europa, verso Oriente magari. Ovunque ci siano spunti per approfondire questa “invenzione senza futuro”».
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