Il giallo artistico del bozzetto “ritrovato” di Felice Vanelli

L’opera firmata nel 1968 dal pittore lodigiano potrebbe essere un disegno preparatorio per un affresco

“Giallo” artistico a Crespiatica: l’ex sindaco Natale Moroni, andando a casa di un conoscente, ha notato un grande quadro ben incorniciato e, in calce, una firma: “Vanelli 1968”. «È su cartone, e dovrebbe essere una prova per un affresco per non so dove – osserva Moroni -. Ci piacerebbe sapere se e dove questo affresco è stato realizzato”. Mancato nel 2016 a 80 anni, Felice Vanelli non può risolvere il mistero. Ma tra i principali custodi della sua memoria c’è il fotoreporter Pasqualino Borella, al quale l’immagine del cartone preparatorio ha aperto un mondo. «Possiamo definirlo un dipinto a tecnica mista su carta paglierino, matita Conté, nero e bistro acquerellato con diverse sfumature con grande abilità. Questi dettagli incorniciano e danno tridimensionalità alla figura di San Giovanni, che era cugino di Gesù Cristo, ascetico ed eremita». Ma dov’è l’affresco nato da questa studiata preparazione? «Non si conosce che sia servito per un affresco – risponde sicuro Borella -. Nel 1968 Vanelli era impegnato allo studio del ciclo di affreschi della parrocchiale dei Santi Cosma e Damiano, a Camairago, iniziati nel 1961 e terminati nel 1976». Dal contesto storico, Borella passa all’analisi della figura: «Ho analizzato le pose e i temi evangelici dei riquadri degli affreschi riferiti a quegli anni, ma non c’è nessuna posa che eguaglia la staticità di questo studio. Era nei ripensamenti di Felice Vanelli cambiare le pose ai personaggi, vuoi per gli apporti critici della Commissione di arte sacra, sia nei ripensamenti per dare un’iconografia più fedele al personaggio, per dare veridicità all’identità culturale descritta nelle Sacre scritture, e non per cercare allegoria. Vanelli sperimentava diverse soluzioni stilistiche, prima di arrivare al bozzetto finito da proporre ai committenti. E conservava disegni e cartoni, apprezzati, per il disegno, anche da amici e ammiratori». Ma c’è di più: il modello quasi sicuramente ha anche un nome: «Per la posa di San Giovanni Battista, è stato impegnato il fratello Dante Vanelli, all’epoca studente di Conservatorio. Nel primo studio di Felice al 37 di via Santa Maria del Sole, due locali, non c’erano certo le risorse per pagare modelli professionisti». Prima del risultato finale, Borella nota collage e ritocchi. «Nell’esecuzione si notano passaggi tecnici già finalizzati all’utilizzo del soggetto in un affresco – conclude Pasqualino Borella -. Il fortunato proprietario di questo cartone può ammirare un quadro bello e riposante, un balsamo per lo spirito». E a colpire è anche il fatto che il linguaggio “tecnico” del cartone preparatorio, fatto dall’artista per l’artista e non per il pubblico, nella sua sovrapposizione di tratti e colori, abbia una comunicativa del tutto diversa rispetto all’affresco con i suoi colori “veri”, un’opera che a più di 50 anni esprime dinamismo e modernità, anche nel proporre l’atteggiamento “privato” del Battista in meditazione nel deserto, una scelta tutt’altro che scontata e frutto di una riflessione sull’umano universale che è dentro le figure evangeliche.

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