Il Leone d’oro alla carriera premia Rosi

nel segno del giallo “lodigiano” di Mattei

Sono passati poco meno di cinquant’anni da quell’ottobre del 1962 quando nella campagna lombarda di Bascapè (il giorno 27) cadde l’aereo su cui viaggiava Enrico Mattei, il presidente dell’Eni che così morì in circostanze rimaste misteriose. Rientrava dalla Sicilia e anni di inchieste non hanno chiarito le dinamiche in cui il disastro si consumò. Parte proprio da qui Il caso Mattei, il bellissimo film di Francesco Rosi che è stato scelto dalla direzione di Venezia 69 per accompagnare la premiazione del maestro del cinema civile italiano con il Leone d’oro alla carriera, consegnato ieri dal direttore della mostra Alberto Barbera durante una cerimonia in sala Grande. Una scelta dettata da molte ragioni: perché del caso Mattei (la tragedia) ricorrono i cinquant’anni, come detto, perché la pellicola di Rosi è appena stata restaurata e perché il film, vincitore nel 1972 della Palma d’oro a Cannes, rappresenta al meglio la filmografia e la carriera di questo straordinario regista. C’erano soggetto e sceneggiatura di Tonino Guerra, l’interpretazione unica di Gian Maria Volonté, la fotografia di Pasqualino De Santis, le musiche di Piccioni e il montaggio di Ruggero Mastroianni che ora, dopo il restauro, sono tornati allo splendore originale: un’autentica “lezione” di cinema, realizzata da un maestro a cui finalmente è arrivato il giusto riconoscimento da parte del festival più prestigioso. Un atto “dovuto” ma assai ben motivato: rivisto in sala Il caso Mattei (che è solo uno dei titoli di una straordinaria carriera) ha confermato ancora una volta, 40 anni dopo, tutta la sua potenza, l’attualità e la forza di un cinema che i nostri registi hanno “inventato” e “insegnato”. Ad aprire la proiezione e la cerimonia un video messaggio di Martin Scorsese, che ha sottolineato la sua ammirazione per il regista considerato «un autentico maestro. Rosi è un gigante del cinema e la riprova si ha davanti a ogni sua inquadratura. Il suo cinema regala sempre una grande ricostruzione sociale e umanistica». Come è accaduto per il film che ricostruisce la figura di Mattei, l’ex partigiano messo dopo la guerra a capo dell’Agip con il compito di liquidarla e che “inventò” invece l’Eni, diventando il potentissimo e scomodo capo di un gruppo industriale d’eccellenza. La sua morte è ancora oggi un “caso” irrisolto ed emblematico, legato a doppio filo al nostro territorio Lodigiano. Le prime trivellazioni per i pozzi, il metano trovato a Caviaga, l’Eni che ancora oggi ha la sua casa a San Donato e infine la morte nei campi di Bascapè («dietro Melegnano» come si ripete all’inizio della pellicola…): i segni lasciati sono innumerevoli ed evidenti a tutti. Per questo è ancor più importante per i lodigiani rivedere, attraverso il film di Rosi, la sua storia. Il Leone d’oro alla carriera e il restauro della pellicola, realizzato dalla Cineteca di Bologna e promosso dalla Film Foundation di Martin Scorsese, offrono un’opportunità unica. Non tanto per riaprire il caso di cronaca e disinnescare i suoi misteri, ma certo per rileggere la figura di questo capitano di industria che l’interpretazione di Volonté ha così finemente restituito. La sua memoria è fortemente radicata nel territorio, la storia ha radici in questa terra e sarebbe bello, e anche opportuno, se si approfittasse del restauro della pellicola per riportarla nelle nostre sale, magari ospitata in una rassegna promossa dalla stessa multinazionale sandonatese, che da sempre ha dimostrato sensibilità e vicinanza assolute con il mondo del cinema. Eni, sulla scia della “visione” all’avanguardia di Mattei ha prodotto cinema, lo ha conservato attraverso il suo archivio, lo ha sostenuto e potrebbe magari ripetere l’operazione dopo quanto accaduto a Venezia, promuovendo la proiezione della pellicola. Per dare un seguito all’omaggio veneziano al maestro Rosi, regista straordinario di un cinema indimenticabile.

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