Un pezzo di stoffa intriso del sangue di Giovanni Paolo II dopo l’attentato del 13 maggio 1981; la casula che indossò nella Messa celebrata in piazza Vittoria a Lodi quel 20 giugno 1992; due libri autografati, un video, le foto di Pasqualino Borella e quelle provenienti dalla segreteria vescovile. La mostra Il Papa tra noi, a venticinque anni dalla visita di Giovanni Paolo II a Lodi, è stata inaugurata ieri sera e sarà aperta fino al prossimo 2 luglio nella cripta del duomo. A spiegare la scelta del luogo è stato il parroco della Cattedrale monsignor Franco Badaracco, che allora era responsabile organizzativo dell’accoglienza del Papa a Lodi. «Quel 20 giugno 1992 Giovanni Paolo II scese a venerare il nostro patrono San Bassiano – ha raccontato -. Era l’incontro tra due pastori, che pure in epoche diverse hanno offerto la loro vita al servizio del Vangelo e ora accompagnano il cammino della Chiesa universale. In questa mostra rivivremo una tappa rilevante della Chiesa laudense. Abbiamo adornato a festa la lapide che lo ricorda. La sera del 2 aprile 2005 ho annunciato la morte del Papa con le campane, poi ho aperto le porte del duomo. Fuori c’era tanta gente che ha subito intuito quanto già era nell’aria. Sulla piazza è sceso il silenzio e le persone hanno cominciato ad entrare e pregare. È stato così fino al mattino. Da quella notte le persone hanno cominciato a deporre fiori sotto la lapide».
Con monsignor Badaracco, la mostra è stata ideata da don Sergio Bertoni, don Flaminio Fonte, don Roberto Arcari, suor Rosalia Negretto e dal direttore del “Cittadino” Ferruccio Pallavera, coordinati dal vicario generale don Bassiano Uggè. Fortemente voluta dal Vescovo di Lodi monsignor Maurizio Malvestiti, comprende la cattedra usata nella celebrazione e il calice donato dal Papa. Nuovi contenuti sono visibili attraverso una apposita App. Aneddoti sono stati raccontati da don Franco e da Pallavera, così come dall’allora segretario del vescovo Capuzzi, don Egidio Miragoli, che ha detto: «Dopo cena il Papa si appartò a riposare prima di ripartire per Caravaggio . A un certo punto uscì dalla sala gialla e noi lo seguimmo in ascensore. Eravamo io e Paolo Landi, un po’ imbarazzati. Gli abbiamo detto: “Sarà stanco”. E lui: “Voi sarete stanchi, non io”».
Ha detto invece monsignor Malvestiti: «Sento tutto il dovere come vescovo di interpretare il grazie alla provvidenza. Quanti santi hanno calcato la terra lodigiana, per imprimere ulteriormente in questa terra l’orma dell’amore di Dio. Certo i lodigiani hanno tanti ricordi della visita di Giovanni Paolo II, un credente vero e appassionato, divenuto pastore, il primo nella Chiesa. Tanti mi hanno riferito delle evidenti condizioni fisiche delicate di quel giorno. Quel “Totus tuus ego sum”, parole che furono il proposito fedele di una intera esistenza, ci fanno sentire questo affidamento e ce lo fanno accogliere. A Caravaggio disse: “Siate missionari della verità, a costo di essere emarginati, non abbiate paura di essere con Cristo”. Il mio augurio a tutti è guardare alla libertà e alla fedeltà di questo Papa giovane per lasciarsi affascinare da colui e da colei cui egli disse “totus tuus”». Motto che è stato eseguito dalla Cappella musicale guidata da don Piero Panzetti
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