IL PERSONAGGIO Gli oggetti dell’anima di Martina Geroni negli showroom internazionali

Il grande successo dei servizi da tavola dell’artigiana-artista di Lodi

Lodi

“In passato – scrive il filosofo coreano Byung-Chul Han - i giapponesi si separavano dalle cose che avevano posseduto a lungo, come un paio di occhiali o un pennello calligrafico, con un apposito cerimoniale. Ormai non esistono più cose alle quali saremmo disposti a concedere un addio dignitoso. Le cose nascono, per così dire, già morte. Non vengono usate, bensì consumate. Solo un lungo utilizzo dà loro un’anima. Solo le cose del cuore sono animate”. Martina Geroni non ha nominato Byung-Chul Han, ma questa frase sicuramente riassume il motivo per cui, con una laurea in architettura in tasca, ha deciso di dedicarsi a costruire oggetti in grado di parlare al cuore, fatti per essere usati a lungo, oggetti destinati ad avere un’anima perché lei stessa ha messo la propria anima al tornio per realizzarli.

Martina Geroni, 35 anni, ha vissuto in Messico, dove si è avvicinata per la prima volta alla lavorazione dell’argilla, quindi, tornata in Italia nel 2018, ha fatto dei corsi e ha iniziato ad allestire il proprio laboratorio, in corso Adda, a creare la prima collezione, che chiamò “Rosamorada”. «Uno stylist l’ha notata, il nome ha iniziato a girare, i pezzi sono stati esposti negli showroom e questa passione è diventata ben presto un lavoro».

Il compagno di Martina, Giacomo Losio, ha lasciato il lavoro per accompagnarla in questa storia fatta di creatività, ma anche di manualità artigianale, e di quella passione profonda che riesce ad andare oltre la fatica. Perché c’è anche la fatica, oltre le belle immagini: la fatica di impastare l’argilla, di cuocere gli oggetti nel forno con il caldo estivo che rende l’aria pesante, la fatica di riprodurre lo stesso modello per consegnare un ordine. Come il cuoco di un ristorante, la cui vita è fatta di un alternarsi tra la voglia di creare e la necessità di riprodurre la stessa creazione un giorno dopo l’altro.

Mentre racconta la sua storia, Geroni mostra una sua creazione: “Airone”. «È un omaggio alla pianura. Ho studiato gli aironi delle nostre campagne, come chiudono le ali quando pescano, ho creato una collezione che comprende tazze, teiera, tavolino, il tutto si può unire in una composizione che ricorda la forma di un airone quando si ciba, in quello che diventa per lui una sorta di rituale». È proprio il valore rituale dell’esistenza a ispirare piatti, tazze, brocche, il rituale laico con cui può riempirsi ogni istante se è animato da una sorta di presenza mentale. «Provo a dar vita a oggetti che restano in un mondo che non resta, perché dare valore a un oggetto ci aiuti a dare valore a un momento, a dare valore al cibo che esso contiene, all’acqua, al vino. Il rituale che, in un certo senso, metto in atto quando sono al tornio, vorrei che si trasferisse a chi fa uso di questi oggetti». I servizi da tavola di Martina Geroni sono esposti nei migliori showroom in Italia e all’estero, sono utilizzati da numerosi ristoranti anche stellati, viaggiando ben oltre i confini lodigiani.

È inevitabile chiedersi se tutto questo si ponga in continuità con la tradizione della ceramica lodigiana: «C’è rispetto, ma si tratta di un’altra cosa. Le forme dei miei oggetti vengono da tante suggestioni diverse. In una collezione, ad esempio, nella disposizione dei pezzi mi sono ispirata all’impagliata toscana, un servizio in maiolica che veniva offerto alla donna che aveva appena partorito per servirle il suo primo pasto a letto. Un altro servizio è dedicato alla commedia all’italiana. In generale, preferisco le forme più sobrie, senza particolari decorazioni». Decorazioni o assenza di decorazioni, unicità o ripetibilità, manualità o tecnica: qual è il confine tra arte e artigianato? «È una domanda che mi pongono spesso e che io stessa mi pongo spesso. Non amo troppo le etichette, non so definirmi artigiana o artista, mi dico che in passato la distinzione non era così netta e forse non ha senso una distinzione così netta».

Anche in un mondo dominato dalla tecnica, tra intelligenza artificiale e stampanti 3d, il procedimento artigianale (che pure con tecnica e tecnologia si confronta ogni giorno, spesso traendone anche beneficio) e quello artistico condividono la capacità di unire l’idea alla manualità per dare forma all’espressione di sé.

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