«Ci saranno di sicuro sorprese». A un certo punto è lo stesso Gandalf il grigio, riflettendo ad alta voce, ad annunciare allo spettatore quel che accadrà ai piedi della Montagna Solitaria. Terribili sorprese: scontri armati, battaglie di magia, lotte con i draghi e i mutanti, fughe e, soprattutto, un nuovo lungo viaggio in Lo Hobbit. La desolazione di Smaug, il nuovo film di Peter Jackson tratto dal romanzo di J.R.R. Tolkien, secondo episodio della trilogia che riparte da dove si era interrotto il discorso. Quindi da Bilbo, Gandalf e dai 12 nani guidati da Thorin Scudodiquercia in cammino nella Terra di Mezzo, verso la Montagna Solitaria per stanare il drago Smaug e riconquistare il Regno di Erebor. Il “problema” per lo spettatore meno appassionato davanti a queste lunghe saghe è sempre quello di riallacciare i fili di un discorso già iniziato per non perdere pezzi: in questo caso Jackson non è costretto a troppi passaggi perché nel primo Hobbit non erano stati troppi gli snodi narrativi, e gli basta riassumere la vicenda in un rapido prologo per immergere lo spettatore in questa incredibile nuova avventura. Che appare tale sin dalle prime inquadrature soprattutto dal punto di vista visivo, grazie alla tecnica di ripresa: un 3D a 48 fotogrammi che crea un effetto di totale coinvolgimento, realistico al punto da apparire persino “disturbante” in alcuni momenti.
In qualche maniera, e non appaia irrispettoso, Jackson rileggendo Tolkien cita se stesso, nel senso che fa assomigliare Lo Hobbit più alla sua Trilogia dell’Anello che non all’originale. L’atmosfera più “leggera” del libro infatti lascia spazio in questo secondo episodio a un clima più cupo, che ricalca l’introspezione e la ricerca presente nella saga portata al cinema.
L’azione è comunque più incalzante ne La desolazione di Smaug rispetto al primo episodio in cui si aveva netta la sensazione di tempi dilatati all’estremo per trasportare su tre film un solo libro (percorso inverso rispetto a quanto era accaduto con la saga dell’Anello in cui erano tre i libri compressi in altrettanti film).
L’azione si sviluppa lungo il viaggio di questa nuova Compagnia e attraverso quattro sequenze principali, che replicano le battaglie contenute nel testo, e che sono raccordate dagli incontri fatti sul cammino da Bilbo e dai nani. La potenza visiva del cinema di Jackson raggiunge livelli notevoli nel Bosco Atro dove c’è la lotta con i ragni prima dell’incontro con gli Elfi e dopo nella meravigliosa fuga nel fiume sulle botti. Mentre altre suggestioni evoca la ricostruzione della Città sul lago. Potenza della tecnologia spinta all’estremo, con sequenze che oggettivamente tolgono il fiato, e che un po’ “confondono” anche per l’abitudine a dilatare all’infinito la durata (il film dura 2 ore e 41 minuti). Ma il meglio deve ancora venire perché certo la sorpresa migliore è in serbo per l’arrivo alla Montagna, quando finalmente ci sarà l’incontro con Smaug. Questo davvero da ricordare.
I personaggi in questa serie hanno meno sfumature, i loro caratteri sono meno stratificati, e i puristi dovranno digerire le “licenze“ introdotte attraverso personaggi che nel testo non erano presenti. Anche se come detto Jackson cerca in qualche modo di legare Lo Hobbit alla saga dell’Anello, traendo spunto in sede di sceneggiatura anche dal testo incluso dallo stesso Tolkien nell’appendice de Il signore degli Anelli. Gli sviluppi tematici, così come le caratterizzazioni, finiscono per continuare il discorso iniziato con la trilogia. Evidente è poi la volontà di regalare qualcosa in più dal punto di vista dell’esperienza visiva: Jackson sembra impegnato in ogni sequenza a realizzare con la macchina da presa (e con la grafica digitale) ciò che Tolkien aveva solo potuto immaginare e aveva però saputo restituire con la scrittura. C’è molta fedeltà al libro, con pezzi di dialogo recitati, ma c’è ancora di più il desiderio di stupire lo spettatore.
Cosa che accadrà di certo quando sarà Smaug a prendere la scena. Poco prima di un nuovo finale troncato, per “lanciare” il terzo film della saga. E in questo Hobbit funziona assai meglio il “taglio”, apportato dal regista in un punto che lascia aperta grande suspance e attesa per l’episodio conclusivo.
PRIMA VISIONE «Ci saranno di sicuro sorprese». A un certo punto è lo stesso Gandalf il grigio, riflettendo ad alta voce, ad annunciare allo spettatore quel che accadrà...
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