
( (foto Sala))
Anche il campione del mondo lodigiano alla presentazione del libro dell’ex portiere, ospite dell’Inter club a Lodi Vecchio
È stato convocato il ricordo, non la nostalgia. La presentazione del libro di Ivano Bordon “In presa alta”, scritto con Jacopo Dalla Palma, è stata una partita vera. L’ex numero 1 dell’Inter e della nazionale classe 1951, vincitore di due scudetti nel 1970/71 e 1979/80 e campione del Mondo con l’Italia a Spagna ’82, ha giocato ancora coi compagni di squadra Gianpiero Marini e Carlo Muraro. Il portiere, il centrocampista e l’attaccante, grazie all’Inter Club Cipe Lodigiano, hanno richiamato, sabato all’ex Conventino in piazza Santa Maria a Lodi Vecchio, parecchie decine di tifosi nerazzurri, ma non solo. Perché la parola d’ordine che ha aperto la porta – non quella di Bordon… - è stata il calcio. L’appartenenza con il cuore a un club, dalle giovanili fino alla prima squadra, ha rimarcato la differenza del calcio di cuoio con quello di plastica dei procuratori. «Sono entrato all’Inter a 15 anni nel 1966 ed è stata una grandissima soddisfazione – racconta Bordon -. Poi sono cresciuto con l’esempio dei calciatori della Grande Inter che collezionavo con le figurine. Se avevo un problema parlavo con Sandro Mazzola o Giacinto Facchetti. Dopo un derby perso 3-2 fui attaccato dai giornalisti. Partimmo per una trasferta di Coppa, a Berlino di notte sento bussare alla mia camera, era Giacinto: “Tutti i compagni hanno fiducia in te’” mi disse. Era un fratello maggiore». L’idea di fare il portiere per Bordon è nata stando alle spalle di una porta: «Mio padre giocava in serie C e mia nonna mi portava a vedere la partita dietro una porta e il ruolo mi è entrato dentro. Se un ragazzo ama questo ruolo ci lavori con serietà. È bellissimo fare il portiere. Se rinascessi lo rifarei». Sulla differenza fra i numeri 1 di oggi e di ieri Bordon è clemente: «I portieri di adesso hanno cambiato il modo di parare a causa del pallone in plastica diventato più leggero, mentre prima era di cuoio. Devono respingerlo e non bloccarlo e in più devono giocare coi piedi…». Marini ricorda l’etica del lavoro di Ivano: «Un atleta in assoluto. Si curava nell’alimentazione, era il primo ad arrivare vestito di tutto punto all’allenamento e l’ultimo ad andarsene. Non ha mai criticato un compagno. Eravamo una famiglia». Muraro sottolinea anche i meriti di mister Eugenio Bersellini: «Venivo da allenatori della vecchia scuola e lui ha voltato pagina sotto l’aspetto fisico. Si andava oltre la fatica e sono arrivati i risultati». “In presa alta”, in una edizione aggiornata, arricchita di tre capitoli, nuove foto e i disegni delle parate di Bordon realizzati da Franco Bochicchio, è una bella partita in un calcio visto dalla porta, dove cambia la prospettiva ma non il risultato. Il cuoio batte sempre la plastica.
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