INTERVISTA Anne-Gaëlle Chanon: la voce dell’organo

La musicista francese suonerà domenica pomeriggio in basilica a Lodi Vecchio

Domenica a Lodi Vecchio (ore 17:30, ingresso libero, con possibilità dalle 16 di visitare il museo Laus Pompeia) presso la Basilica di S. Bassiano andrà in scena l’ultimo appuntamento della rassegna organistica Vox Organi. Grazie agli organizzatori Lorenzo Lucchini e Simone Della Torre siamo riusciti ad ottenere l’intervista con la protagonista Anne-Gaëlle Chanon, figura di primissimo piano del panorama organistico internazionale.

Che cosa l’ha affascinata di questo strumento, quando ha iniziato gli studi?

«Ho la fortuna di essere cresciuta nella bottega di un organaro. Il mio primo contatto è stato quindi non solo con la musica d’organo, ma anche con i materiali stessi dello strumento: il taglio del legno, l’odore della colla sciolta, il contatto con il metallo che veniva colato, martellato, saldato, e la visione di mobili scolpiti restaurati in bottega. Ci sono state grandi sorprese come la scoperta della policromia su casse d’organo barocche, nascoste sotto strati scuri stesi nell’Ottocento. Ho anche avuto la fortuna di incontrare sin da bambina grandi organisti come Michel Chapuis, Jean-Charles Ablitzer o Jean Boyer e di ascoltarli spesso in concerto. Ero affascinata dai colori dello strumento, ma soprattutto dal modo in cui prendeva vita davanti ai miei occhi, in casa. E poi, quando ho iniziato a suonarlo io stessa, in seguito, mi è da subito piaciuto l’aspetto coreografico che comporta suonare l’organo e la sensazione di danza che procura».

Pensa anche lei che l’organo sia uno strumento legato al passato, un pezzo da museo?

«L’organo è uno strumento che necessita una meticolosa cura di conservazione e manutenzione, come ogni prezioso pezzo da museo, ma allo stesso tempo è anche un patrimonio vivo che spesso si suona anche in contesti molto diversi da quello in cui è stato creato. Le persone che oggi ascoltano un organo del XVII secolo non hanno più i codici di un tempo, ma è anche questo che fa la bellezza, l’incontro tra queste culture antiche e attuali. C’è della magia e del mistero nell’incontro ravvicinato tra un organo e il luogo, anch’esso antichissimo, in cui suona. E poi l’organo è forse l’unico strumento musicale che permette di viaggiare fino a questo punto nel tempo e nello spazio geografico».

Che cosa si potrebbe fare per avvicinare il pubblico alla musica organistica?

«Direi soprattutto che si può lavorare sulla trasmissione nel contesto educativo, nei conservatori, a scuola, presso il grande pubblico. Ogni musicista, infatti, dovrebbe sentirsi investito del ruolo di far scoprire e amare il proprio strumento: ad esempio parlando al proprio pubblico, permettendogli di mettere mano alle tastiere, raccontandogli l’affascinante storia dell’organo e del suo repertorio, in modo da fargli crescere il desiderio di ritornare ad ascoltarlo in concerto con i suoi amici e la sua famiglia. Penso che la calda accoglienza del pubblico e la dimensione socializzante del concerto siano fondamentali».

Come giudica l’attuale panorama concertistico?

«Apprezzo molto gli sforzi degli organizzatori che lavorano per trovare i mezzi per mantenere vive programmazioni concertistiche che permettono di far suonare e mettere in luce gli strumenti. Al giorno d’oggi, i budget culturali sono spesso piuttosto esigui e tutte le energie positive sono quindi essenziali. Vedo tanti concerti in programma un po’ ovunque, con tanti giovani organisti di grande talento e una sempre maggiore attenzione ad una programmazione equamente distribuita tra uomini e donne. Se dovessi esprimere un desiderio ancora più specifico sarebbe quello, come artista, di poter sviluppare più liberamente l’aspetto teatrale e “scenico” dei nostri concerti. Ad esempio, trovo molto ricco l’incontro tra la musica e le altre arti. Il che equivale a dire che la creatività è spesso un po’ limitata dal luogo di culto. In questo caso, anche per avvicinare un nuovo pubblico, potrebbe essere interessante lavorare anche a progetti di costruzione di organi nelle sale da concerto».

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