
LA MOSTRA Andrea Solario e “la seduzione del colore”
Al museo Poldi Pezzoli di Milano /fino al 29 giugno)
Forse ci voleva il Museo Poldi Pezzoli di Milano, già contenitore de “Le dame del Pollaiolo”, strepitosa mostra visitata all’incrocio tra il passato anno e l’attuale, a interessarsi del più milanese degli artisti del Rinascimento. Assoluto protagonista di una stagione irripetibile per l’arte lombarda segnata dapprima dalla presenza di Leonardo, di cui Andrea Solario, ecco uscito il nome del pittore in questione, fu seguace, e successivamente da quegli artisti che nell’arco di un secolo appartennero a quel bagno di realtà, ben individuato dalle mostre degli anni cinquanta curate da Roberto Longhi ed entrate nella leggenda delle grandi storie dell’arte. C’è da dire che se per Venezia tutto balla intorno a Tintoretto, rinnovando anche per Milano il calembour falstaffiano, tutto sembra convergere verso Solario. Non pare dunque un caso che il nostro firmasse le sue opere: Andreas Mediolanensis. Anche se a posteriori quell’essere in mezzo alla pianura padana lo rende permeabile, prima dell’elaborazione di una linguaggio artistico personale, alle influenze sia veneziane (aveva soggiornato in laguna) sia dei pittori e incisori del Nord. Tra questi Durer che pure era sceso a Venezia. Insomma, tutto sembra tenersi in “La seduzione del colore. Andrea Solario e il Rinascimento tra Italia e Francia”, in questa mostra curata da Lavinia Galli e Antonio Mazzotta e corroborata dalla presenza di opere provenienti da musei internazionali e dalla co-produzione scientifica del Museo del Louvre di Parigi (la mostra chiude il 29 giugno, catalogo Dario Cimorelli Editore con titolo leggermente diverso: Andrea Solario. Pittore del Rinascimento tra Italia e Francia). Il sobrio impaginato espositivo, in cui spiccano, tra madonne, ecce homo, e altri episodi del Vangelo, alcuni ritratti di gentiluomini, tra cui il tante volte replicato Gerolamo Morone, le cui effigi esprimono in pieno la temperie di un’epoca che avvertiva come uno tsunami l’arrivo della modernità. Ove politica e umanesimo filosofico e scientifico erano chiamate ad adeguare la società al nuovo. Interessante è anche la corda tesa alla teoria della decollazione del Battista, rappresentata in più prove, che lega il tema evangelico a una continuità drammaturgica e visuale che si spinge fino a Oscar Wilde e a Carmelo Bene, per le tante suggestioni che tale efferato delitto provoca e che Robert Wilson ritrova in una installazione che impreziosisce ancor più la mostra.
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