
LA MOSTRA Io sono Leonor Fini a palazzo Reale a Milano
La riscoperta dell’artista italoargentina e del suo eclettico anticonformismo
La riscoperta della volitiva Leonor Fini e del suo eclettico anticonformismo passa trasversalmente dalla curatela della Biennale Arte di Cecilia Alemani. Dunque, non pare un caso – anzi è tutt’altro - che la mostra a lei dedicata, Io sono Leonor Fini, oggi nella sale di palazzo Reale a Milano diventi il corrispettivo primaverile dell’autunnale allestimento dedicato a Leonora Carrington. Infatti, il titolo di quella Biennale votata quasi interamente all’altra metà del cielo (tanto per ricordare un’altra donna dell’arte come Lea Vergine) era “Il latte dei sogni”, tratto da un libro dell’artista inglese. Detto questo come a tratteggiare un’unione che va al di là delle somiglianze tra le due artiste, ma che coinvolge un più ampio progetto espositivo dell’istituzione milanese, si torna alla Fini. L’artista italoargentina, per la sua capacità di mutare pelle in uno snodo di anni abbastanza ampio del “secolo breve”, ha consentito ai due curatori, Tere Arcq e Carlos Martin (autori anche del catalogo delle Edizioni Moebius, mentre la mostra sarà visitabile fino al 22 giugno prossimo) di progettare un impaginato espositivo e multidisciplinare in nove sezioni, il cui portato non affastella solo tele, ma anche foto, costumi e filmati e video di repertorio. Ad essere indagato nella verticalità cronologica delle opere, intrecciata inscindibilmente all’orizzontalità della vita, è proprio la resistenza della Fini a non perdere quell’afflato magicamente incantato nel surrealismo, più mostruosamente psicanalitico che tanto affascinò una persona non esente da nevrastenie e incubi come Fellini che la volle come costumista del suo 8 e ½. Nondimeno si può far finta di non vedere un ulteriore intreccio che annoda i fili di una vita condotta al di là delle convenzioni borghesi: riflesso intellettuale di una creatività che sembra evadere dalle ultime propaggini del surrealismo per approdare a un anacronismo di maniera che anticipa il ritorno alla pittura degli anni ’80 del XX secolo.
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